La camera di consiglio della Corte Costituzionale che deve decidere sull’ammissibilità dei quesiti referendari sulla legge elettorale, proposti con una raccolta di un milione e duecentomila firme, proseguirà domani.
Da stamattina i quindici giudici erano riuniti in camera di consiglio per decidere riguardo i due quesiti per l’abrogazione totale o parziale del cosiddetto Porcellum, ma la seduta è stata prima sospesa e poi rinviata.
Per il verdetto bisognerà quindi attendere ancora. Intanto Arturo Parisi, esponente del Partito Democratico, ha fatto sapere di essere «in rispettosa attesa, convinti delle nostre ragioni», e confortato «dai giudizi convergenti della dottrina».
Secondo il senatore della Lega Roberto Calderoli, invece, il referendum elettorale lascerebbe «un vuoto legislativo che la nostra Costituzione non accetta in materia elettorale». Anche Antonio Di Pietro, ospite a Radio 24, ha fatto sapere che rispetterà «la decisione della Corte, ma mi preoccupa il clima creato attorno al tema».
Il leader dell’Idv chiede «una legge elettorale in cui si deve sapere prima qual è la coalizione, il programma e il premier che deve guidare la coalizione, mentre i partiti maggiori vogliono tornare al proporzionale. Il che vuol dire: tu elettore mi voti e dopo che mi hai votato io mi accordo con questo o quell’altro partito. È un voto al buio, come un matrimonio per corrispondenza con il migrante che sta in Australia», ha scherzato Di Pietro.
Se il referendum ottenesse l’ok dalla Consulta, se raggiungesse il quorum e se i “sì” ottenessero la maggioranza dei voti, tornerebbe in vigore il precedente sistema elettorale. Secondo Alessandro Mangia, professore di Diritto costituzionale presso l’Università Cattolica di Piacenza, intervistato da IlSussidiario.net, «la bocciatura bloccherebbe ogni dibattito sulla riforma delle legge elettorale. Ma fa comodo a tutti i partiti – prosegue Mangia – perché attribuisce alle segreterie un grande potere, conferendo loro la possibilità di scegliere la posizione del candidato nelle liste elettorali. All’interno delle strutture partitiche, di conseguenza, dibattito interno e correnti non hanno più ragion d’essere e tutto può essere controllato dal vertice. Sicché si può capire perché, di fatto, ci sia una grande resistenza alla modifica della legge».
In un altro intervento su IlSussidiario.net, il senatore Pd Stefano Ceccanti ha spiegato che, se la Consulta dovesse dichiarare inammissibili i quesiti tornerebbero in gioco tutti i modelli, «anche se il punto di partenza rimarrebbe la legge attuale, il Porcellum. In questo secondo caso penso che sia preferibile un sistema simile a quello che c’è in Spagna. Bisognerebbe innanzitutto spezzare le circoscrizioni, che oggi sono troppo ampie, portandole alla grandezza delle province. Non essendoci poi il recupero dei resti, dato che le circoscrizioni sono separate, scomparirebbe anche l’attuale premio di maggioranza. O meglio, i partiti con più voti a livello nazionale otterrebbero un premio “nascosto”, implicito e più flessibile».