“Tecnocrazia transnazionale anonima”. La chiama proprio così. Un concetto di per sé abbastanza astruso se non fosse drammaticamente legato agli effetti devastanti della crisi con i su-e-giù dello spread, le speculazioni finanziarie, il ruolo delle agenzie di rating e lo spettro dell’insolvenza nazionale che – ahimè – finiscono per rovesciarsi sulla vita quotidiana di milioni di persone. E, purtroppo, ne sanno qualcosa in Grecia. Come nascono le speculazioni? Chi c’è dietro? La domanda ieri pomeriggio è stata fatta dal presidente della Cei, cardinale Bagnasco, ai vescovi che fanno parte del Consiglio Permanente.
Una domanda che è raro ascoltare, ma è ancora più raro trovare tanta schiettezza nella risposta. “Ci si trova in ginocchio come davanti ad un moderno Moloch di non decifrabile direzione. Il dubbio è che si voglia dimostrare ormai l’incompetenza dell’autorità politica rispetto ai processi economici, come se una tecnocrazia transnazionale anonima dovesse prevalere sulle forme di democrazia fino a qui conosciuta, e dove la sovranità dei cittadini è ormai usurpata dalla imperiosità del mercato”. Il punto che Bagnasco ha voluto mettere a nudo è proprio la debolezza della politica, la sua impotenza, la sua sottomissione all’economia e alle sue leggi.
Uno scenario italiano che non è dissimile a quello che succede in altri Paesi europei, chi più chi meno. La crisi economica, secondo il pensiero della Chiesa, sarebbe il prodotto finale di una lunga serie di errori, primo tra tutti l’aver aperto i cancelli al “capitalismo sfrenato”, un capitalismo privo di valori che si è sviluppato solo per soddisfare il mercato e non l’uomo. L’analisi di Bagnasco è impietosa ma veritiera. “Invece che risolvere i problemi il capitalismo ha finito per crearli, dissolvendo il proprio storico legame con il lavoro, il lavoro stabile preferendo ad esso il lavoro-campeggio”.
Il che vuol dire che ora si va dove va l’industria, come se l’uomo non contasse più niente. Peggio, non esistesse. “Proprio nella fluidità dei valori, relazioni e riferimenti” si sarebbero formati dei “coauguli sovranazionali talmente potenti e senza scrupoli da rendere la politica sempre più debole e sottomessa”. Il profitto nel frattempo è diventato lo scopo, e ha smesso di essere “il giusto profitto”, finendo per giocare sulla testa degli uomini e di interi popoli. Bagnasco si è detto convinto che la crisi economica e l’attuale ventata di antipolitica rappresentino tuttavia una opportunità per i partiti e per gli uomini politici, un banco di prova per riprendere in mano le redini della situazione, riguadagnarsi la fiducia della gente evitando che “mani voluttuose, invisibili e ferree spadroneggino sul mondo”.



Lo stesso governo Monti – “un esecutivo di buona volontà” – nonostante originato dalla debolezza della politica, non si può dire sia autonomo dalla politica, anzi. L’esecutivo Monti vive grazie al ruolo fondamentale dei partiti. “Per questo è irrinunciabile che tutti si impegnino a fare la propria parte, in ordine a riforme rinviate per troppo tempo tanto da trovarsi ora in una condizione di emergenza”. Il richiamo è alla responsabilità e al bene comune. Bisogna combattere l’evasione, le ingiustizie, le sacche di privilegio. 
I politici per primi dovranno dare l’esempio rinunciando ai cumuli di cariche e prebende mentre la Chiesa, con l’Ici, non dovrà più “coprire auto esenzioni improprie”. Evadere le tasse è peccato e “per un soggetto religioso questo è ancora di più motivo di scandalo”. Insomma, ognuno dovrà fare la sua parte con senso di responsabilità e amore. Forse parole antiche ma sempre attuali e urgenti, “che fanno parte dell’uomo stesso e del suo destino, torneranno a fare capolino nella vita politica”. Bagnasco le ha elencate minuziosamente: vita, famiglia, lavoro, partecipazione, libertà, relazione, rappresentanza. Come dargli torto?



 

(Franca Giansoldati)

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