Renzi è ancora convinto di farcela. O almeno dice di esserlo. Ospite questa mattina sulla trasmissione di La7, Omnibus, si è detto convinto del fatto che tra lui e Bersani la partita è tutt’altro che chiusa. Per il sindaco di Firenze, la competizione per le primarie per incoronare il candidato alla presidenza del Consiglio del centrosinistra rivelerà delle sorprese. A detta di molti, Bersani è in netto vantaggio. Sarebbe stato premiato dal profilo basso mantenuto sino ad oggi e dall’essersi presentato agli elettori nelle vesti di candidato alle presidenza del Consiglio, e non come lo sfidante delle primarie. Cosa che, invece, ha fatto Renzi, mostrandosi, in pubblico, più che altro come lo sfidante di Bersani. Sta di fatto che il leader dei rottamatori ha detto che tra lui e Bersani potrebbe essere, alla fine, un testa a testa. «Vedo che nell’altro campo sono tutti molti tranquilli e molto sereni e pensano di essere avanti, qualcuno dice anche che vince lui, ma io dico che sarà un testa a testa e credo che ci saranno delle sorprese», ha dichiarato. Secondo Renzi, inoltre, molto dipenderà dal numero di persone che effettivamente si recherà a votare. E, in effetti, se andranno alle urne delle primarie solamente i più volenterosi, ovvero i militanti del Pd e della sinistra radicale, le sue chance di vittoria si affievoliscono decisamente. Rispetto all’ipotesi di essere il candidato premier, ha spiegato alcuni punti del suo programma politico. Dicendosi convinto della correttezza della cittadinanza agli stranieri sulla base dello ius soli. Poi, ha detto che nei primissimi giorni di governo partirebbe da alcune misure per rilanciare il lavoro. Vedendosi già a Palazzo Chigi ha promesso che non farà più di dieci ministri. E, a chi dovesse accusarlo di demagogia, ha ricordato che la riforma Bassanini non ne prevedeva più di 12. Sul fronte della alleanze, poi,ha spiegato: «Sogno un Pd che non ha paura di andare a rosicchiare i voti a Grillo o ai moderati, alla sinistra o al centro. Non mi interessa allearmi con i partitini, ho visto la fine che hanno fatto fare a Prodi».
Infine, ha ricordato che in caso di vittoria, in Parlamento non saranno candidato gli stessi di sempre. Nessuna deroga, quindi, sui tre mandati: «Se vinco io non si chiedono».