Grosso modo, i risultati sono ormai pressoché definitivi. Nico Stumpo, coordinatore della primarie del centrosinistra, intervenendo ad Agorà, su Rai Tre, ha fatto sapere che mancano pochissime sezioni: in Piemonte, in Trentino Alto Adige, in Toscana, in Abruzzo e in Campania. Attualmente, quindi, hanno votato circa 3 milioni e 100mila cittadini (un’affluenza elevata che, secondo il sondaggista Alessandro Amadori, avrebbe aiutato Renzi – leggi qui l’intervista). Bersani è al 44,9% (1.393.990), Renzi al 35,5% (1.103.790), Vendola al 15,6% (485.158), Puppato al 2,6% (80.600) e Tabacci all’1,4% (44.030). Dati che fanno storcere il naso a Matteo Renzi e che non corrisponderebbero alla realtà. Secondo il sindaco di Firenze, infatti, la forbice non è di addirittura 9 punti, ma solamente di 5. Secondo il suo staff, sarebbe sì secondo, ma con il 43,4% dei consensi. Dal suo entourage, in ogni caso, fanno sapere che cambia poco avere due o tre punti in meno. La vittoria, comunque vada, andrà al loro candidato. Nel frattempo, l’assessore al bilancio del Comune di Milano, Bruno Tabacci, invita ad abbassare i toni. Dicendosi convinto che le critiche siano del tutto strumentali. «Non vorrei che dopo aver fatto il donatore di sangue a un’operazione politicamente di così grande rilievo, i contrasti alimentati con l’obiettivo di alzare polveroni la sminuissero e accreditassero, indirettamente, il giudizio offensivo di Grillo». (Leggi qui l’intervista a Luigi Berlinguer, uno dei garanti delle primarie).
Con toni inaspettatamente concilianti, il segretario Bersani ha fatto presente, anzitutto, di esser stato lui a volere le primarie. E che se non avesse accettato il primo turno come nelle previsioni iniziali, avrebbe già tranquillamente vinto (la sua affermazione nelle primarie è stata definita una “vittoria di Pirro” da Stefano Folli in questa intervista). Poi, ha aggiunto: «Lui ha sempre il difettuccio di dire “noi e loro”, ma noi siamo noi tutti noi, loro è Berlusconi. Noi siamo una grandissima squadra plurale». Bersani ha, inoltre, spiegato che in serata sarà indetto un incontro in cui sarà definita la linea del Pd assieme ai suoi dirigenti. Ci sarà anche Renzi. «Non c’è bisogno di fuoco amico, l’avversario è la destra». Secondo Bersani, in questa competizione, tutti sono importanti: «Renzi è un protagonista di questa battaglia, ha dato vivacità siamo un grande campo e una grande squadra. Ognuna in questa squadra ha un compito. Ma non facciamo il bilancino». Vendola, dal canto suo, ci ha tenuto a sottolineare che non sosterrà, al secondo turno, Renzi.
«Nessuno poteva aspettarsi un endorsement per il sindaco di Firenze, a cominciare dallo stesso Renzi», ha dichiarato il governatore pugliese. Sembra quasi scontato che il governatore della Puglia, nonché leader di Sel, darà il suo appoggio (formale o infornale) a Bersani nel ballottaggio che si terrà domenica prossima. Se non altro perché l’attuale segretario del Pd ha mostrato in più di un’occasione di voler allearsi con il partito di Vendola nella competizione elettorale. Un centrosinistra con un baricentro più spostato a sinistra e che potrebbe portare all’impossibilità di stringere alleanze al centro, con l’Udc in particolare. I numeri dovrebbero comunque bastare a Pd e Sel per affermarsi alle elezioni politiche, anche se l’eventuale innalzamento della soglia per il premio di maggioranza, in discussione con la riforma elettorale, potrebbe portare a una situazione di ingovernabilità.