Non è inverosimile che il Quirinale abbia deciso di intervenire proprio dopo che ieri i senatori del Pdl hanno ritardato l’approvazione della legge di stabilità, l’ultima di portata significativa di questa legislatura, al varo della quale sono legate le dimissioni del presidente del Consiglio, Mario Monti. E’ opinione, comune, specialmente tra le fila del Pd, che il partito di Berlusconi abbia inteso dilazionare i tempo per avere, di fatto, più giorni di campagna elettorale. E per consentire al loro leader di partecipare a più trasmissioni televisive possibili prima che inizi il regime di par condicio. A tal proposito, il leader del democratici, Pierluigi Bersani, ha parlato di «indecorosi, incommentabili traccheggiamenti» sui tempi di approvazione. Ebbene, il presidente della Repubblica ci ha tenuto a far presente che è interesse del Paese indire al più presto le elezioni, e ridurre al minimo il periodo di campagna elettorale «affinché possa ristabilirsi al più presto la piena funzionalità delle assemblee parlamentari e del governo in una fase sempre critica e densa di incognite per l’Italia». Al di là dell’episodio di ieri, è chiaro che le parole del Colle rappresentano una risposta diretta alla richiesta esplicita del Pdl di procrastinare la data delle urne. Napolitano, poi, ci ha ricordato che lo scioglimento delle Camere e la fissazione della data delle elezioni sono sue esclusive prerogative, che non possono essere condizionata da alcuna «forzatura o frettolosità». Il presidente, ha sottolineato, inoltre, che, se fosse stato per lui, la data migliore in cui votare sarebbe stata attorno a metà aprile, nelle vicinanze della scadenza naturale, quindi, della legislatura. Invece, le circostanza determinatesi di recente, con la decisione del Pdl di non votare il ddl sviluppo, sfiduciando, di fatto, l’operato del premier Monti, hanno resto la strada impraticabile. «Avendo il Presidente del Consiglio preannunciato la formalizzazione delle sue irrevocabili dimissioni all’indomani dell’approvazione di questa legge, è interesse del paese evitare un prolungamento di siffatta condizione di incertezza istituzionale», spiega il Quirinale.
In seguito alle dimissioni del presidente del Consiglio, quindi, sarà necessario procedere come da prassi, lasciando trascorrere, prima del richiamo alle urne, non meno di 45 giorni e non più di 70, come del resto prevede la Costituzione.