L’eccessivo riserbo di Monti rende le sue intenzioni insondabili. Lo sono anche quelle di Berlusconi, per la ragione opposta. Il primo, pubblicamente, ha affermato che non esclude una candidatura. Per il resto, il silenzio. Qualsivoglia interpretazione circa i suoi orientamenti sono il frutto di voci provenienti dalla sua cerchia ristretta, o da chi è convinto di farne parte e si fa esegeta del suo pensiero. E’ incerto, quindi, se si candidi o no, in che forma e con chi. Il secondo ha reso ogni spazio occupabile saturo di dichiarazioni. Ieri, da Vespa, ha ribadito che correrà – per la sesta volta – per Palazzo Chigi, che sono gli italiani a chiederglielo e che, se Monti accettasse la leadership del centrodestra, farebbe un passo indietro. Lo farebbe sul serio? Abbiamo cercato di fare chiarezza con Angelo Panebianco.



Secondo lei, che strada prenderà Monti?

Francamente, l’unico che può rispondere a questa domanda è Monti stesso. Salvo il fatto che non è detto che abbia ancora le idee chiare sul da farsi.

In ogni caso, ci sono diverse opzioni in ballo. A partire da una sua lista.

Potrebbe anche presentarla, certo. Ma una lista singola, non alleata alle altre, o che prescindesse da un suo ruolo di aggregatore, avrebbe ben poche chance di ottenere percentuali degne di nota. Non andrebbe molto lontano. Tanto più che, con ogni probabilità, non si candiderebbe personalmente.



Perché no?

Perché è pur sempre senatore a vita. Il che rende l’ipotesi piuttosto complicata.

Se non si candida, che fa? Si limita a “benedire” una lista che si ispiri alla sua agenda?

In politica, e soprattutto in campagna elettorale, le “benedizioni” non hanno alcun senso. Può, invece, capeggiare una lista o una coalizione senza doversi necessariamente candidare. Mettendoci la faccia. Fermo restando che o aggrega un fronte ampio ad esclusione del Pd, alla sua sinistra, e della Lega, alla sua destra, o si mette a capo della suddetta lista.

E se, invece, svolgesse il ruolo di aggregatore mettendosi, magari, a capo del centrodestra?



L’ipotesi non è esclusa, ma lo sta mettendo in difficoltà. In tal caso, infatti, si porrebbe il problema della presenza di Berlusconi. Che, attualmente, è in pista a tutti gli effetti. E al quale Monti non vuol di certo essere associato. Deve, quindi, trovare un modo per imporre un aut aut: in cambio dell’uscita di scena di Berlusconi, potrebbe accettare.

Posto che Berlusconi difficilmente farà un reale passo indietro, è possibile individuare una formula che, quantomeno, salvi le apparenze?

Non mi pare. Non ci sono grandi margini di manovra.

E al centro?

Il Pdl è un esercito alla sbando, e sarebbe sufficiente un cenno di Monti per convincere metà del partito a seguirlo. L’aut aut a Berlusconi potrebbe essere imposto anche da questa posizione.

Non crede che potrebbe provocare smottamenti anche nel Pd?

Non direi. Il partito di Bersani è in odore di vittoria a difficilmente si scende dalla barca che ha buone chance di vincere la regata.

Eppure, ci sono una serie di personaggi, tra gli ex popolari e i rutelliani, che sembrano intenzionati a seguire Monti ovunque vada.

Alcuni, come Fioroni, sembra che saranno ricandidati. Al limite, quindi, potrebbe produrre qualche defezione tra i rutelliani. Niente che, elettoralmente, abbia particolare incidenza.

Dicono, in ogni caso, che il centro capeggiato eventualmente da Monti potrebbe, quantomeno, impedire al Pd di ottenere la maggioranza in Senato. A quel punto, Bersani sarebbe costretto ad un accordo. E, con ogni probabilità, dovrebbe cedere il passo al professore della Bocconi, contro il quale, sul piano della premiership, non potrebbe di certo mettersi a competere. 

Questi sono bizantinismi di cui, sicuramente, a Roma stanno tenendo conto. Sta di fatto che toccherà, anzitutto, agli elettori esprimersi.

Crede che l’accordo con Bersani (presidenza della Repubblica in cambio della rinuncia alla candidatura a premier) sia definitivamente saltato?

Per quanto mi riguarda, questo accordo è derubricabile a gossip politico. Quel che importa è la scelta definitiva di Monti.

Eppure, Bersani lo ha incontrato per un’ora. Al termine del colloquio è apparso visibilmente seccato.

Ovvio, aveva la vittoria a portata di mano e, adesso, trovandosi un ostacolo di questo genere, è comprensibilmente infastidito. 

 

(Paolo Nessi)