Mario Monti si candida alle prossime elezioni? Tra poco (forse) lo sapremo con certezza. Il conto alla rovescia per il discorso di Mario Monti è giunto ormai alla fine, quasi la prova generale per il Capodanno, quasi un modo per capire se il 2013 sarà un anno in cui si vedrà la luce in fondo al tunnel o dovremo rimpiangere (non più di nascosto) la profezia dei Maya. E alle 11 di oggi mancano oramai pochi minuti, qualcosa, di certo, la sapremo. Mario Monti dovrebbe far parte la nazione delle decisioni sul suo futuro o – per lo meno – rendere nota la sua famosa Agenda, le indicazioni da seguire per il futuro, chiunque vinca, al di là della politica. Una sorta di manifesto programmatico lasciato in eredità – e forse (certamente) – concordato con l’Europa per mettere in efficienza, dopo i conti dello Stato, anche la “macchina” della Repubblica. Quello che per decenni è stato un Moloch che da un lato ha strozzato l’intrapresa di parte degli italiani, dall’altro è stato una mammella rassicurante da cui poppare facili stipendi e voti per alimentare il sistema dei partiti. Mario Monti, in un colloquio di ieri mattina con il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, ha dato qualche gustosa anticipazione sul suo pensiero, ma tanti nodi restano aperti tutt’ora e forse tra poco saranno sciolti. La sfida è anzitutto alla politica, perché se nelle ultimissime ore Mario Monti ha dato a intendere (certamente anche sulla scorta dei sondaggi che certamente non lo vedono vincente alle prossime elezioni di Febbraio) di non voler scendere in campo, è quasi certo che le prossime consultazioni elettorali non permetteranno di giungere a una maggioranza politica coesa e in grado di dare una impronta al Paese diversa da quella tracciata dall’agenda Monti. Che però deve essere sottoscritta. E se par chiaro come Bersani in cartello con Vendola sia il grande favorito per il premierato (Napolitano ha rimarcato che affiderà l’incarico di formare il Governo a chi prenderà più voti in modo che cerchi di polarizzare una maggioranza), sembra altrettanto chiaro che per seguire i punti dell’agenda Monti un’ipotetica maggioranza dovrà per forza scaricare Nichi le sue ricette di tutt’altra scuola culinaria. I moderati devono quindi trovare l’accordo con il Pd, questa è la strada tracciata da Mario Monti e quella che sembra al momento l’unica – almeno numericamente – percorribile. Le incognite sono tante, tantissime, da Berlusconi alla stessa candidatura di Mario Monti alle decisioni di Bersani. Per ora i montiani sono sullo sfondo, ma sono l’altro tassello del mosaico. E oggi, tra poco, almeno una di queste incognite dovrebbe sciogliersi, quella sulla candidatura di Mario Monti.
Parlando con il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, Monti ha fatto capire che comunque un programma di governo ce lo ha già. Un programma che, ha notato Scalfari, ha molti punti in comune con quello del Pd, a cui Monti ha risposto che sì, è vera questa cosa. Nel dettaglio un programma che andrebbe applicato sin dall’inizio di legislatura, nei primi cento giorni. Innanzitutto una nuova legge aggiuntiva contro la corruzione, ha detto, perché quella concordata durante il suo governo era manchevole in modo consapevole di diversi aspetti. Stessa cosa per quanto riguarda il discorso delle liberalizzazioni: l’azione antitrust, ha detto Monti, deve essere più penetrante e così rendere maggiore la libera concorrenza. E ancora: abolizione delle province, argomento rimasto in sospeso anche questo; cambiare la legge elettorale a favore dei collegi elettorali, dimezzare il numero dei parlamentari, portare avanti la riforma fiscale, difendere a spada tratta la riforma delle pensioni, cambiare il welfare favorendo un sistema di ammortizzatori sociali e infine investire nell’educazione, dalle scuole superiori alle università e alla ricerca. Alla domanda conclusiva se alla fine si proporrà come leader del centro tanto invocato dalle forze appunto centriste, Monti risponde quai con un no: “dentro di me qualcosa mi dice di no. Chi si impegna nelle elezioni lo fa per vincere. Poi ci si può metter d’accordo ma alcune ferite possono essere inflitte da una parte e dall’altra. Io non voglio che questo accada tra due forze che poi dovranno necessariamente stare insieme”. Sul suo no a una candidatura, Monti svela anche che il capo dello Stato preferirebbe che non si candidasse, pur desiderando che rimanga impegnato in politica attiva. Un sacco di dubbi dunque anche perché Monti dice che con lui candidato il centro potrebbe arrivare al 40% secondo i sondaggi; senza di lui al massimo al 12%. Ma è sicuro di una cosa: non farà mai parte di un blocco centrista insieme a Berlusconi così come difficilmente potrebbe aderire all’attuale centro sinistra, dove persone come Nichi Vendola (e Susanna Camusso) sono dichiaratamente contro la sua politica. Anzi, dicono chiaramente che vogliono smantellare quanto da lui fatto in questo anno. Monti, dice, è dello stesso parere di Ichino, l’economista del Pd (che proprio nelle ultime ore ha detto di non volersi candidare) e crede “nell’onestà intellettuale di Bersani”. Alle 11 dunque la grande attesa si compirà: parlando alla conferenza di fine anno Mario Monti dirà le sue intenzioni. L’Italia lo ascolta: dopo la sua relazione infatti ci saranno esattamente 48 domande a cui risponderà una per una.
La stanza si aprirà appena comincerà il discorso del premier
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