A questo punto pare che i giochi siano stati fatti. Mario Monti, pur con tutte le precauzioni previste dall’opportunità politica, in quanto senatore a vita, scende in campo eccome. E non solo con il suo programma, la sua “agenda” e il suo memorandum. I messaggi sono stati a volte contraddittori, ma gli ultimi segnali che arrivano dal Professore sembrano inequivocabili circa il suo impegno nella politica italiana del futuro, cioè come candidato patrocinato da alcune liste, prevalentemente di centro. Monti ha scelto una frase per definire questo impegno “salire in politica”. E il giornale del Vaticano, l’Osservatore romano, ha dato subito un messaggio molto positivo, più marcato di quello che aveva fatto il Presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. Scrive infatti l’Osservatore romano: “L’espressione salire in politica utilizzata da Mario Monti rappresenta la sintesi di un appello a recuperare il senso più alto e più nobile della politica che è pur sempre, anche etimologicamente, cura del bene comune. Ed è questa domanda di politica alta che probabilmente la figura di Mario Monti sta intercettando o sulla quale comunque il capo di governo uscente intende legittimamente far leva e che interpella i partiti al di là dei contenuti del suo manifesto politico”. Un vero e proprio endorsement, come ormai si dice comunemente. Tutto questo dà indubbiamente una svolta alla campagna elettorale. A questo punto chi ha investito sull’agenda Monti punta a un risultato elettorale di percentuale consistente. Franco Bechis, vicedirettore del quotidiano “Libero”, ottimo analista di politica e di finanza, spiega i meccanismi politici che si innestano: «Certo, Monti non si dimette da senatore a vita per una serie di ragioni. Ma sembra che ormai il suo impegno in politica sia definitivo con una scelta basata su alcuni meccanismi politici».
Quali possono essere?
Potrebbe in un certo senso apparire come un candidato-non candidato. Ma a mio parere la via che sceglierà sarà quella di patrocinare le liste di centro che si riferiscono e si riconoscono completamente nel suo programma, nella sua “agenda”, nelle sue scelte di fondo. In parole più semplici i gruppi di centro, le varie liste che fanno capo a Udc, Fini, Montezemolo, possono adottare il suo programma, ma anche fornire l’indicazione, depositandola al ministero dell’Interno, della candidatura di Mario Monti.
A suo parere quale risultato può raggiungere questa lista che fa riferimento a Monti?
Per adesso ho ascoltato due sondaggi, quello della “7” e quello di Ballarò, dove attribuivano a questa lista una “forchetta” che può raggiungere anche il 20-25 percento. Difficile fare previsioni, ma personalmente lo valuto al di sotto di queste stime. Credo che alla fine sarà il centrosinistra a vincere le elezioni, almeno alla Camera. Al Senato è tutto più complicato e lo è anche per la lista patrocinata da Monti.
Nella formazione delle liste, o magari del “listone” unico di centro, potrà influire lo stesso Monti?
Credo che qualche cosa lui farà, influirà anche nella formazione delle liste o della lista. In tutti i casi, diciamo così, darà dei suggerimenti. Questo penso che sia un passaggio abbastanza importante.
E il centrodestra in tutto questo che spazio può avere?
Penso che realisticamente Berlusconi si propone di ricreare una situazione come quella che è avvenuta nel 2006. Io penso che una realistica valutazione in percentuale dell’elettorato del centrodestra sia un poco al di sopra del 30 percento, con l’alleanza con la Lega Nord e con i vari “cespugli”. Credo che con la vittoria di Bersani si aprirà il terreno di un’alleanza con il centro. Ma il problema è che poi vengono a galla, anche subito, le contraddizioni: come si fa a conciliare la linea di Monti, anche se aggiustata dalla ricetta di Bersani, con quella di Nichi Vendola? Credo che il centrodestra giochi proprio su queste contraddizioni.
(Gianluigi Da Rold)