La riforma del mercato del lavoro è stata approvata dal Consiglio dei ministri ed è pronta ad approdare come disegno di legge in Parlamento, dove potrà essere modificata. La palla passa quindi ai partiti e in particolare a quello più in sofferenza, il Pd.  «Di fronte a un Bersani che chiedeva di rendere più mite la revisione dell’articolo 18, adottando integralmente il “modello tedesco”, il cdm ha deciso di non accettare nessuna modifica – spiega Peppino Caldarola a IlSussidiario.net –. Questo è il primo dato, che crea a questo punto una situazione inedita in Parlamento, almeno per quanto riguarda il governo Monti: il braccio di ferro cioè tra l’esecutivo e uno dei partiti della maggioranza attorno a una modifica di un provvedimento deciso dal governo stesso».



Il segretario del Pd deve poi affrontare il rischio di una frattura interna?

Sotto questo punto di vista Bersani è riuscito a limitare i danni, compattando le diverse anime e trovando anche il consenso dell’altra grande confederazione sindacale, la Cisl. In questo modo ha superato lo scoglio più difficile che aveva davanti a sé, il pericolo cioè di dover registrare una spaccatura interna e di restare isolato accanto alla Cgil, con l’ostilità delle altre sigle del sindacato.



Possiamo dire quindi che in questa fase rischia più il governo che il Pd?

Se parliamo del rischio di una scissione dei democratici non penso che sia un’ipotesi realistica. In questo momento mi sembra che il desiderio di trovare un minimo comune denominatore sia più forte della volontà di cercare la rottura. Emblematico il comportamento di Walter Veltroni, troppo esperto per non sapere che il Partito Democratico non può permettersi di andare allo scontro con il mondo sindacale. Una prudenza che Fioroni ha seguito subito, a differenza di Enrico Letta che, lanciandosi in una difesa preventiva di Monti mentre si stavano alzando le trincee, è incappato in un “passo falso”.



Tornando al braccio di ferro tra il Pd e Monti, esiste secondo lei un compromesso possibile?

A mio avviso il Presidente del Consiglio dovrebbe avere la saggezza di fare un passo indietro davanti alla maggioranza che potrebbe registrarsi in Parlamento e, nel caso, di rispettarla.
La sua linea è infatti comprensibile se si limita a non accettare i veti delle parti sociali. Se invece decide di sfidare il Partito Democratico sulle proposte che avanzerà sull’articolo 18 la prospettiva di una crisi politica si avvicinerebbe con grande rapidità. Non dimentichiamo però che tutto il nostro ragionamento deve tenere conto di un altro fattore in gioco.

Quale?

Il ruolo di mediazione esercitato dal presidente della Repubblica. Sono convinto infatti che Napolitano farà di tutto per evitare che Monti e il Pd arrivino ai ferri corti. 
Nel merito il compromesso avanzato da Bersani mi sembra ragionevole: affidare ai giudici la decisione sui licenziamenti motivati con ragioni economiche. In fondo è questo il senso del modello tedesco ed è come se il Pd avesse accettato di mettersi in discussione su un tema sensibile. Francamente un irrigidimento da parte di Mario Monti sarebbe difficilmente comprensibile. 

Secondo lei c’è la possibilità che il premier possa compensare con altri temi questo “schiaffo” dato a sinistra? 

Per farlo dovrebbe mettere in cantiere un pacchetto di interventi di tipo economico in grado di garantire nuova occupazione. Non credo però che il governo abbia queste risorse. Purtroppo l’articolo 18 è diventato un simbolo e la quadra si potrà trovare solo se ciascuno farà un passo in avanti. Francamente credo che Bersani più di questo non possa fare e forse non sarebbe nemmeno giusto che il Pd pagasse un prezzo così alto per una questione che molti imprenditori ritengono non fondamentale. 

Questo momento di difficoltà del Pd secondo lei rilancia i suoi avversari, dal Pdl, ai partiti che stanno alla sua sinistra?

Diciamo che se il Partito Democratico non sta molto bene non si può dire che i suoi avversari scoppino di salute. Le difficoltà del Pd infatti sono sistemiche e appartengono al quadro politico nel suo insieme. 
Siamo di fronte a un passaggio fondamentale, se anche il Corriere della sera si rivolge agli imprenditori chiedendogli a gran voce di rompere gli indugi e rilanciare gli investimenti. Ed è un passaggio che non può essere letto solo con le lenti della politica. A mio avviso, non è in gioco il destino del Pd, ma quello del Paese.

(Carlo Melato)