Nell’immaginario politico della Lega Pontida è tutto: è il luogo delle origini, là dove il mito fondativo viene rispolverato e il rito del dialogo privilegiato della base del Movimento con la sua classe politica si consuma ogni anno. Dove, tra alti e bassi, si rinserrano le fila e si rilancia la sfida. È sempre stato così. Perché Pontida è un luogo davvero magico.
Gli studiosi sono ormai concordi nell’individuare le leghe di città del tardo medioevo come la premessa della successiva evoluzione confederale e poi federale, tipica del ciclo storico della modernità. Dalle leghe di libere città – intese come comunità autonome di uomini liberi – alle confederazioni e poi alle federazioni: se questa è la sequenza, le date parlano chiaro. Il patto del Grütli, con il quale le tre comunità cantonali originarie Schwyz, Uri e Unterwalden, si unirono in solenne giuramento e stipularono un patto di mutua assistenza difensiva, dando vita al nucleo sul quale poi si sviluppò la Svizzera, è del 1291.
Ma il giuramento con il quale si unirono le libere città – comunità politiche fondate sull’autonomia, sull’autogoverno e sulle libertà commerciali – della valle del Po, creando la Lega Lombarda, per fronteggiare le truppe del Barbarossa, è di 124 anni prima (7 aprile 1167). Si può pertanto sostenere che il federalismo è nato prima nella valle del Po che nella Svizzera (mito di ogni vero federalista), perché Pontida precede il Grütli di oltre un secolo. Il dato di fondo è che poi gli svizzeri sono andati avanti…
Insieme al raduno dei popoli padani di Venezia, Pontida è così divenuta – e con una certa legittimità dal punto di vista storico – una delle manifestazioni più importanti della Lega. Per rispolverare ogni anno il mito delle origini, dando vita a un rito fondamentale, quello di recuperare la compattezza e la solidità del rapporto tra i vertici del movimento e la sua base in vista di nuovi obiettivi. Perciò ha sempre avuto un fine essenzialmente auto giustificativo e di contenimento del consenso.
Se la Padania è la macroregione del Nord – come ha detto Roberto Maroni nel suo discorso di incoronazione ad Assago – essa poggia sull’unità organica della valle del Po e ha due forti elementi identitari dal punto di vista politico. Da un lato v’è la dimensione economico produttiva e dall’altra la vessazione fiscale.
L’Istat ha appena anticipato i dati sul Pil del 2011. Malgrado la crisi il Nord cresce mediamente dello 0,8%, il Centro è fermo al palo, il Sud non cresce. Il Nord non ha problemi di debito pubblico, visto che in Lombardia la spesa pubblica è circa il 40% del Pil, come in Svizzera (mentre al Sud è mediamente oltre l’80% del Pil). E neppure di evasione fiscale: sempre in Lombardia è poco più del 12%, meno che nella Germania della Merkel (mentre in Calabria è l’86%). Questi sono i dati.
Il Nord oggi copre circa i due terzi del Pil e stacca un assegno, in termini di trasferimenti, di circa 60mld di euro a beneficio del resto del Paese. Recenti studi lo hanno ben dimostrato. E ciò certifica che lo spazio politico per rappresentare la Questione settentrionale c’è ed è grande come una casa. È uno spazio che solo la Lega può occupare. E garantirà il suo futuro. In una logica di tipo inclusivo, finalizzata a intensificare il dialogo, ampliare il consenso e trovare una vasta legittimazione politica in vasti settori dell’elettorato per puntare all’egemonia rappresentativa della Questione settentrionale (obiettivo sottolineato dal neo segretario della Lega, Roberto Maroni, in diversi passaggi del suo discorso di domenica scorsa), saranno promosse altre iniziative, come gli Stati generali del Nord.
Dietro questa dimensione economico-produttiva e dietro la vessazione fiscale – elementi che in sé definiscono l’identità politica della macroregione del Nord e sono peraltro condivisi dalla dottrina – si possono mettere tutti i riti, i simboli, i miti fondativi che si vogliono. Anche Pontida e il rito dell’ampolla. Non è un problema. L’identità politica – per definizione – corrisponde infatti a una costruzione immaginaria. Le iniziative – Pontida da un lato, Stati generali del Nord dall’altro – si collocano insomma su due piani diversi. Per questa ragione non è il caso di fare tante polemiche giornalistiche né psicodrammi collettivi.