Intervistato da Repubblica, Pierluigi Bersani mette da parte il cauto equilibrismo a cui ci aveva abituato negli ultimi mesi e, sui temi caldi della prossima agenda politica, si sbilancia. E parecchio. Non ci sarà alcuna grande coalizione, anzitutto. Chi vince governa. Men che meno è pensabile che il prossimo governo possa essere nuovamente nominato dall’alto. I mercati e le cancellerie europee si rassegnino, fa presente Bersani: il Pd ha le carte in regola per governare. E, se ce ne fosse bisogno, ne rammenta al mondo il curriculum (anche il proprio): «Noi abbiamo fatto la moneta unica, con Prodi, D’Alema e Amato abbiamo raggiunto accordi storici con la Ue e la Nato, io ho lavorato con Ciampi e Padoa-Schioppa». IlSussidiario.net ha chiesto a Peppino Caldarola, giornalista e profondo conoscitore della sinistra italiana, di commentare le parole dell’ex ministro dello Sviluppo economico. «Nell’intervista di oggi – spiega -, Bersani ha voluto esprimere un certo orgoglio, prevalentemente, su due aspetti: ha ribadito il primato della politica sulla tecnica, sottolineando come chi vince le elezioni ha il diritto di governare; e ha ricordato la sua esperienza e i suoi partner di governo per lanciare un messaggio fuori dai confini nazionali per fornire garanzie circa la propria affidabilità e far sapere a quanti sono allarmati da un eventuale fuoriuscita di Mario Monti che esiste una classe dirigente in grado di tenere i conti in ordine». La svolta più significativa sembra ravvisabile proprio nei confronti del premier. Verso il quale Bersani ha lasciato da parte i tradizionali toni edulcorati, dicendosi del tutto insoddisfatto di come stiano andando le cose e chiedendo un significativo cambio di passo. «La critica riguarda la questione dirimente della politica economica; ovvero l’assenza, ad oggi, di misure volte a favorire la crescita. Su questo punto, effettivamente, Bersani sta manifestando la preoccupazione di perdere il contatto con quel vasto elettorato popolare che da tempo, e sempre più, avverte i morsi della crisi senza vedere la necessaria inversione di tendenza. Non dimentichiamo, del resto, che il leader del Pd si sta già muovendo secondo un’ottica preelettorale». Da questo punto di vista sarebbe interessante capire dove volge il suo sguardo; specie, considerando che tra le priorità dell’agenda di governo, ha individuato l’introduzione di una patrimoniale, la riduzione del prezzo della benzina e l’intervento sulle crisi industriali di Fiat, Finmeccanica e Alcoa. «L’impressione è che la sinistra, declinato il berlusconismo, stia iniziando a interrogarsi su se stessa. E se, da un lato, Bersani riscopre il fascino delle politiche sociali e dell’economia reale, dall’altro, abbiamo Ezio Mauro che sancisce il divorzio con il mondo giustizialista. Si è chiusa, quindi, una lunga stagione iniziata nel ’92 e stiamo assistendo alla nascita di una nuova sinistra». In effetti, il segretario democratico si è detto convinto del fatto che sia in atto «una campagna contro Napolitano: esiste un filone populista, in certe aree della politica e del giornalismo, che forse ha anche un disegno in testa». Secondo Caldarola, tutti i messaggi lasciano intendere che la nuova sinistra si costituirà in antitesi con questo mondo; la sinistra di Bersani, con i giustizialisti alla Di Pietro e affini, sente di non avere nulla in comune. Credo che sia un passaggio irreversibile».
Resta da capire come si struttureranno le nuove alleanze e, soprattutto, come potrà disegnarle la nuova legge elettorale, per il momento, ancora in fase totalmente embrionale. Almeno, stando alla dichiarazioni di Bersani che, smentendo Enrico Letta, ha affermato che non vi sia alcun accordo. «In realtà, Bersani, smentendo Letta lo conferma quando fa riferimento all’auspicio di un premio di maggioranza più modesto al partito che prende più voti; elemento sul quale pare che, effettivamente, i partiti maggiori stiano lavorando per raggiungere un’intesa». D’altro canto, fa presente Caldarola, un accordo del genere favorirebbe tutti: «Il Pd eviterebbe di imbarcarsi in complicate coalizioni come quelle del passato, e a Berlusconi di patteggiare con la nuova Lega di Maroni».
(Paolo Nessi)