Dopo la quasi rottura in occasione del voto di fiducia, Berlusconi e Alfano si sono visti per tentare di riannodare i fili di un partito, il Pdl, diviso in anime contrapposte. “Quando ci vediamo con il presidente Berlusconi ci si chiarisce sempre, le decisioni le prenderemo nei prossimi giorni” aveva detto Alfano sabato, riferendosi all’incontro avuto la notte precedente con l’ex premier. A preoccupare il Cavaliere sono le ambizioni congressuali di Fitto e dei “lealisti”, ma anche le mosse di Alfano e dei ministri. I primi, desiderosi di andare alla conta per chiudere la partita con i “responsabili” che hanno votato la fiducia al governo Letta; i secondi, artefici di uno strappo impensabile nel Pdl fino a quindici giorni fa. Ilsussidiario.net ha chiesto a Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti, cosa sta accadendo nel partito.
Dopo la cena Berlusconi-Alfano siete ancora incompatibili con chi nel Pdl voleva sfiduciare il governo Letta?
Due elementi hanno sempre contraddistinto Forza Italia, il Pdl e la leadership di Berlusconi: il primo è la scelta di anteporre gli interessi dell’Italia anche a quello, legittimo, del proprio partito; il secondo è la sintonia con i propri elettori. Entrambi gli elementi dovevano secondo noi indurre a votare la fiducia, e così è stato perché Berlusconi, che è il leader del Pdl, ha deciso di fare proprie le nostre motivazioni.
La partita dunque è conclusa?
Lo sforzo che ora dobbiamo fare è, tenendo unito il partito, rafforzare insieme a Berlusconi e ad Alfano la rappresentanza del centrodestra, si chiami Pdl o la nuova Forza Italia, in modo che sia sempre di più l’espressione dei moderati e dei criteri ispiratori che ho citato.
È caduta l’ipotesi di fare gruppi autonomi a sostegno del governo Letta? Sembrava che la cosa non dispiacesse al capo dello Stato.
Il presidente della Repubblica non poteva né mai ha chiesto di fare gruppi autonomi, come non poteva chiedercelo nessun altro. Anzi, quando l’invito è venuto da Epifani, Alfano gli ha risposto con chiarezza che noi siamo alternativi al centrosinistra e che il Pd farebbe meglio a curarsi dei problemi di casa propria.
Non dirà che nel Pdl non vi sono opinioni diverse…
È evidente che l’unità del nostro partito è fatta di posizioni differenti, ma nel riconoscimento della leadership di Berlusconi, del segretario Alfano e dei contenuti che determinano la nostra azione politica. Noi ministri del Pdl abbiamo lavorato nel governo Letta in rappresentanza di tutto il Popolo delle libertà, secondo gli impegni assunti da Silvio Berlusconi. Il presidente ha portato tutto il Pdl a votare la fiducia; adesso il lavoro da fare è mantenere tutto il partito unito, tenendo conto delle sensibilità diverse. Diversamente faremmo solo un grosso favore alla sinistra.
Raffaele Fitto ha detto: rimettiamo tutte le cariche a Berlusconi e andiamo a congresso. Non è la proposta che normalmente si fa in un partito unito. Cosa risponde?
Ho grande stima di Raffaele Fitto, penso però che sarebbe un grave errore dimenticare cosa ci è chiesto in questo momento, e cioè dare un contributo forte, critico e stimolante all’azione del governo, trasformando quella che poteva sembrare una sconfitta di Berlusconi in una rivincita all’interno del partito.
Quindi?
Quindi occuparsi oggi di tesseramento e di congressi mi sembra un po’ lontano dalla nostra gente. Credo invece che si debba lavorare insieme sulla prossima legge di stabilità, sull’emergenza casa, su come investire nella spesa buona, tagliando quella inefficiente. La gara a chi è più “lealista” non ha contenuto e non serve a unire un partito. Anche perché, parafrasando Nenni, potremmo sempre trovare qualcuno che è più lealista di noi.
Torniamo a Forza Italia. Voi ministri − diciamo la vostra linea, quella che ha convinto Berlusconi a votare la fiducia − non condividete quel progetto, vero?
Al contrario. La proposta di rinnovare Forza Italia ci convince nel momento in cui è fedele al progetto originario di Berlusconi di un partito aperto alla società civile, un partito basato sulla responsabilità, la libertà, la solidarietà, il merito, una giustizia giusta e non usata strumentalmente come arma politica. Un partito moderato e non estremista.
Cosa direbbe ai vostri oppositori interni?
Credo che la bontà di questa posizione sia documentata dai fatti. La deriva estremista di alcuni consiglieri del presidente Berlusconi nella settimana che ha preceduto la fiducia al governo ha fatto perdere al Pdl otto punti percentuali. Dopo il voto di fiducia, che Berlusconi ha voluto, il Pdl ha recuperato quattro punti − sono dati di sabato − facendoci tornare davanti al centrosinistra. Beh, se questo è successo, una ragione c’è. Quindi, teniamo per buone le cose che accadono e smettiamola di parlare un linguaggio tutto rivolto al palazzo della politica.
Unità del partito dunque. A quale prezzo?
La tensione all’unità è sempre un valore positivo e credo che fino all’ultimo occorra lavorare per costruirla.
L’ipotesi di una lista popolare alle prossime europee che tenda dentro anche Scelta civica e Udc è fantapolitica?
Io credo che pensare di rifare, a tavolino, un centro che sia espressione di una speranza intellettuale e politica, sia pure riferita al Ppe, senza presa sugli elettori e non in sintonia con la nostra gente, sia un errore. Noi non dobbiamo fare un nuovo centro ma un grande centrodestra, e per raggiungere questo obiettivo il primo contributo è quello dei milioni di elettori che hanno votato Pdl e voteranno Forza Italia.
(Federico Ferraù)