“Parlare di un piano delle potenze internazionali per condizionare pesantemente le politiche del governo Renzi è soltanto un’ipotesi di fantasia. L’attuale premier non è un tipo da andare sull’attenti a vedere a Bruxelles o a Washington i compiti che ci hanno assegnato da fare a casa”. Lo sottolinea Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera, dopo le indiscrezioni su un piano di Stati Uniti e Germania per influenzare la politica italiana. Ipotesi avvalorate dalla candidatura dell’ex presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, come segretario generale della Nato in grado di succedere al danese Anders Fogh Rasmussen.
Franchi, qual è la sua lettura sul modo in cui Usa e altri Stati europei starebbero cercando di condizionare la politica italiana?
Ci troviamo di fronte a una situazione politica inedita, non per la maggioranza che sostiene il governo che è la stessa che sosteneva Letta, bensì per il tipo di leader che è Renzi. Il discorso che fa l’ex sindaco di Firenze sia sull’Italia sia in sede europea è sicuramente innovativo. Capisco bene che questo determini incomprensioni e resistenze da parte di un certo establishment. L’Italia esce da un 13 mesi di governo Monti, e poi da un governo Letta che pur non essendo più propriamente tecnico aveva comunque quel tipo di profilo.
Come si colloca Renzi rispetto ai suoi predecessori?
Una novità come quella che si è determinata in Italia con Renzi, è evidente che può suscitare delle reazioni internazionali di tipo anche diverso. Certo non metterei sullo stesso piano gli Stati Uniti e la Germania, sono posizioni diverse, interessi diversi e punti di vista anche molto diversi sulle terapie rispetto alla crisi, all’Europa, all’austerità e al debito. La presidenza Obama su temi come Siria e Ucraina finora non ha brillato di luce propria sul piano della politica estera. Mentre sul piano europeo abbiamo visto tutti le contrastate vicende di Renzi nel suo tour, e perfino la riedizione della risata di Sarkozy e della Merkel alle spalle di Berlusconi, che questa volta ha visto come protagonista Barroso.
A partire dalla Bce, dalla Nato e dalle istituzioni Ue, ritiene che ci sia la volontà di condizionare la politica italiana?
Difficile evincerlo con certezza. La Bce di Draghi ha ricordato che la politica di sostanziale protezione che ha potuto attuare nei confronti dell’Italia già nel periodo del governo Monti può proseguire solo a determinate condizioni. Per quanto riguarda la Nato, sull’unica decisione rilevante che è la questione di Ucraina e Crimea, Renzi si è di fatto allineato spontaneamente senza che nessuno dovesse tirarlo per i capelli.
E per quanto riguarda la politica interna italiana, come si collocano Stati Uniti e Germania?
Non vedo francamente perché dovremmo partire dall’idea che ci siano dei piani strategici di condizionamento e interrogarci su quali siano i suoi obiettivi. Io di questi piani per condizionare pesantemente la politica italiana so poco, mi sembra che siamo in una situazione in cui né Germania né Stati Uniti siano in grado di condizionare troppo il nostro Paese. Noi prendiamo come un assioma che ci sia un piano di condizionamento, e ci chiediamo in che cosa si concretizzi. Francamente però non so se ci sia questo piano e non ne vedo le tracce. Anche perché gli Stati Uniti sono una cosa, la Nato un’altra, la Germania e la Bce altre ancora. Ai tempi dell’investitura di Monti si era ipotizzato un asse tedesco dietro l’Ue.
Qualcosa di simile è ipotizzabile anche con Renzi?
A parte la vera o presunta simpatia personale del Cancelliere Merkel per Matteo Renzi, è indubbio che ai tempi di Monti ci sia stato un ruolo determinante della Germania. E prima ancora questo intervento della Germania nelle vicende italiane si era concretizzato in un piano per “eliminare” Berlusconi.
La Germania, la Nato e gli Stati Uniti avrebbero preferito che Letta rimanesse al governo o che al suo posto subentrasse Renzi?
Probabilmente la Germania avrebbe preferito che Letta mantenesse il suo incarico. Non vedo però un pesante piano internazionale di soggetti così diversi per condizionare pesantemente l’Italia e costringere Renzi ad adottare determinate politiche, anche perché l’attuale premier non è un tipo da andare sull’attenti a vedere a Bruxelles i compiti che ci hanno assegnato da fare a casa.
(Pietro Vernizzi)