È francamente difficile esprimere un giudizio sul piano della riforma della giustizia del Governo Renzi senza sapere, per la maggior parte degli ormai famosi 12 punti, come si intendono realizzare gli obiettivi che sono stati indicati. Ed infatti, mentre per quanto riguarda la giustizia civile, sono stati abbozzati gli interventi che dovrebbero condurre al risultato sperato (ad esempio, per quanto riguarda la riduzione dei tempi dei processi in primo grado attraverso, la conciliazione con l’assistenza degli avvocati, le Separazioni e divorzi consensuali innanzi all’Ufficiale dello stato civile, l’introduzione del principio che Chi soccombe nel giudizio rimborsa le spese del processo, il riconoscimento che L’avvocato può sentire i testimoni fuori del processo, la previsione che Il giudice può sentire i testimoni a distanza per mezzo di videoconferenza, il ricorso a Forme processuali semplificate per le controversie di agevole definizione etc.), per altri obbiettivi nulla è precisato per cui non è proprio possibile formulare neppure un parere.



Ad esempio, per quanto riguarda il punto 4 (“più carriera per merito“), chi potrebbe non dirsi assolutamente d’accordo? Il punto sta nello stabilire come si stabilisce il “merito” e ad opera di chi. Al riguardo nulla si dice. E l’impresa non solo non è di agevole soluzione ma sono portato a credere che la quadratura del cerchio sia molto più facile.



Lo stesso discorso vale per l’accelerazione del processo penale e la riforma della prescrizione: il tema infatti coinvolge il principio della obbligatorietà dell’azione penale, di quali garanzie debbono essere assicurate e a chi (imputati, persone offese), di quanti e quali debbono essere i gradi della giurisdizione. In una parola, l’oggetto diventa l’intera struttura del processo penale, compresa la fase dell’esecuzione. Ma dove e come si intende operare? Mistero.

E che dire delle intercettazioni? Certo, il diritto all’informazione e la tutela della privacy debbono essere garantiti. Ma entro che limiti e in quali modi? Detto così come è presentato, il (buon) proposito significa tutto e niente. E quindi, in buona sostanza, niente.



Stranamente poi non si fa, tra questi 12 punti, neppure un accenno a disegni di legge e progetti che pure è noto essere all’attenzione del ministero e magari pure in modo apprezzabile. Alludo ad esempio al disegno di riforma della magistratura onoraria che attende da anni e che rischia di essere condizionata da inevitabili e sacrosante decisioni giudiziarie, come quella del Tribunale di Torino, Sezione lavoro che dieci giorni fa ha condannato l’Inps a iscrivere alcuni viceprocuratori onorari alla “gestione separata” e il ministero della Giustizia a corrispondere il “contributo previdenziale dovuto per legge”. 

Certo è, infatti, che la magistratura onoraria rappresenta una risorsa fondamentale per tutte le Procure della Repubblica ed è stata, invece, spesso poco e mal utilizzata negli uffici giudicanti di Tribunale. Personalmente sono sempre stato favorevole ad un potenziamento e ad una maggiore valorizzazione del circuito della magistratura onoraria nel settore penale, anche per ridurre l’eterno problema della conciliabilità del principio della obbligatorietà dell’azione penale con la scarsità delle risorse disponibili nella categoria della magistratura “professionale”. 

Ma è chiaro che bisogna provvedere, per la magistratura onoraria, anche ad una adeguata formazione, ad una corretta e continua “vigilanza”, ad una completa rivisitazione della relativa “disciplina” sotto il profilo strutturale, deontologico, amministrativo, oltre che, ovviamente, ad un corretto inquadramento lavorativo.

Vi sono invece argomenti, come quello della “responsabilità civile dei magistrati secondo il modello europeo” (che non si sa bene quale sia, anche perché varia da paese a paese, e che, forse proprio per questo, non viene indicato), in cui, a mio personale avviso, meno si interviene e meno guai si combinano: perché qualsiasi tipo di modifica della situazione attuale o è puramente declamatoria e velleitaria (e allora non serve a niente) o rischia di compromettere seriamente quella indipendenza e serenità che rappresentano i presupposti essenziali per potersi avere un giudizio veramente “imparziale” da parte di un giudice che agiscasine spe ac sine metu.

Tutto da vedere anche per la previsione di riforma del sistema disciplinare delle magistrature speciali, mentre sicuramente condivisibile è, per il Consiglio superiore della magistratura, il principio per cui “chi giudica non nomina” che comporta la separazione della Sezione disciplinare dal resto del Consiglio superiore che si occupa della gestione amministrativa dei magistrati (trasferimenti, progressioni in carriera, conferimento di incarichi direttivi, formulazione di pareri per il ministro della giustizia etc.); ma poi si tratta di capire come verrà strutturata la novella “Sezione disciplinare”, come verranno scelti i suoi componenti, chi giudicherà in sede di impugnazione dei suoi provvedimenti e se – con l’occasione – non si ritenga di rivedere tutta la normativa riguardante la materia, che ne avrebbe molto bisogno sia sotto il profilo sostanziale sia sotto il profilo processuale dove adesso si registra un inaccettabile miscuglio tra regole desunte dal codice di procedura penale e regole tratte dal codice di procedura civile.

E, quanto al Consiglio superiore nelle sue tipiche funzioni amministrative, forse sarebbe stato il caso di fare almeno un accenno alla riforma dell’attuale sistema elettorale che – come dimostra l’esito delle ultime elezioni – anziché contrastare finisce con l’esaltare il potere delle nomenklature correntizie a scapito delle qualità professionali dei possibili candidati. 

Insomma. Nei 12 punti del programma Renzi alcuni concetti di base sono stati enunciati, e molti (non tutti) sono di per sé condivisibili: il problema è di vedere poi come saranno svolti. Non resta che aspettare.