Come Zapatero. Così Matteo Renzi prova a rimettersi in gioco in questo finale di legislatura, promuovendo norme, dal biotestamento allo ius soli, che hanno il solo fine di dare un’identità di sinistra al Pd vissuto dall’opinione pubblica come il partito delle banche e dei padri-padroni, dal babbo Boschi al babbo Tiziano. Gli spin doctors del leader spagnolo spinsero, con lo scopo di fargli vincere il secondo mandato, il capo dei socialisti spagnoli allo scontro sulla stessa legge che aveva consentito la riconciliazione dopo il franchismo. Polemiche antifranchiste per ricordare alla gente che il blairiano e relativista Zapatero era comunque la sinistra in Spagna. Quella vera. Col pugno chiuso.
E a cos’altro serve il refrain antifascista del Pd, con gli svarioni della ministra Pinotti incapace di distinguere tra bandiere della Marina da guerra tedesca dei primi del novecento e vessilli nazisti, la legge Fiano, il ritiro dei gadget della X Mas dal museo navale di La Spezia senza capire che quel reparto ha avuto origine addirittura dalla Regia Marina, lo scandalo delle minacce di Forza Nuova a Repubblica definite “gravi” dal capo della polizia Gabrielli mentre sarebbe invece “poco preoccupante” la bomba contro i carabinieri a Roma.
Insomma il Pd e Renzi stanno raschiando il fondo del barile per provare a mobilitare sul piano ideologico elettori delusi e traditi da un partito che ha sostituito il Capitale di Karl Marx con Le mille e una notte anzi un giorno di governo del segretario dem.
Ma questa strategia non è una strategia politica. Renzi si conferma inaffidabile per tutti e perde in un giorno Pisapia, Alfano e Boldrini. Sempre preoccupato di aggiungere qualcosa alla sua narrazione non ha capito che la politica è sostanza. E che 80 euro non possono essere la panacea di tutti i mali.
Per di più i suoi masticano amaro. Senza alleati non si vincono i collegi uninominali. E senza Pisapia occorre ricostruire un ponte verso Liberi e Uguali, la neo-sinistra di Pietro Grasso, Bersani e D’Alema. Prodi auspica che Fassino medi. Ma il lungagnone torinese cresciuto all’ombra del pensiero gesuitico non è più credibile dopo un giro a vuoto.
Ci vorrebbe Napolitano, dicono — a Renzi — Orlando e Franceschini. Lui sì che saprebbe come trattare con quelli.
Ma Matteo rimane pensoso: Re Giorgio sarà più motivato dal ridare chance di vittoria al centrosinistra, o dal risolvere le contraddizioni della sinistra pilotando con arte la definitiva defenestrazione del giovane rottamatore che alla sinistra tanto ha nuociuto?