“Un partito che non si rinnovi con le cose che cambiano, che non sappia collocare ed amalgamare nella sua esperienza il nuovo che si annuncia, il compito ogni giorno diverso, viene prima o poi travolto dagli avvenimenti, viene tagliato fuori dal ritmo veloce delle cose che non ha saputo capire ed alle quali non ha saputo corrispondere”. (Aldo Moro)
Il duro monito dell’ultimo statista che questo paese (che ha ucciso la politica) abbia avuto, si attaglia perfettamente al Partito Democratico e al suo leaderucolo Matteo Renzi, che in questa circostanza ha svelato avere come suo guru il trasformista Casini piuttosto che il riformista Tony Blair.
Ma calza a pennello anche per Forza Italia, che nasconde pateticamente con la non candidatura di Antonio Tajani la sostanza della crisi berlusconiana, di un partito cioè che ha perso quasi 10 milioni di voti in pochi anni, che per paradosso ottiene in questa tornata gli stessi consensi della Scelta Civica di Monti del 2013 e che si avvia mestamente, come Alfano lo era stato di Renzi, ad essere la ruota di scorta di Salvini.
Ma le parole di Aldo Moro, che tutti ipocritamente ricorderanno in settimana nel giorno della sua memoria storica, devono rimanere scolpite soprattutto nella mente dei vincitori di questa tornata elettorale: Di Maio e Salvini. Alfieri di due partiti passati dall’essere, invece che contenuti della protesta antisistema e della rivolta fiscale, contenitori del Sud e del Nord e quindi potenzialmente nuovo asse politico del paese. Sono giovani e approssimativi ma anche scaltri e capaci di comunicare. Se solo si lasciassero ferire dal dolore del nostro popolo, se solo mostrassero compassione per il destino di una generazione confusa, se solo uscissero dall’angolo degli slogan fine a se stessi permetterebbero ai loro partiti di essere qualcosa di più che delle corti e di lasciarsi interrogare dalla Storia.
“Non ci dobbiamo vergognare — era solito dire Al Kindi, filosofo e matematico arabo del Medioevo — di riconoscere la verità e di assimilarla da qualsiasi fonte ci venga, anche se ci è stata insegnata da altre generazioni e da popoli stranieri; per colui che cerca la verità, non c’è nulla che abbia un valore più grande della verità stessa; essa non lo umilia, anzi, lo onora e lo nobilita”. Quando saranno chiamati a fare dei compromessi per il bene comune faranno bene a ricordarsene per non fare la fine di una qualsivoglia “grande coalizione”.