In ritardo di un giorno, è giunto pochi istanti fa il pronunciamento della Consulta in merito al ricorso fatto dal Pd sul presunto “conflitto di attribuzione tra poteri nell’iter di approvazione della Manovra Finanziaria”: la Corte costituzionale ha dichiarato tale ricorso del tutto inammissibile, promuovendo di fatto il Governo nell’iter in “tempi ridotti” adottato negli ultimi giorni dell’anno per evitare l’esercizio provvisorio e la bocciatura dell’Ue. In poche parole, il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, sollevato da 37 senatori del Pd (avente come oggetto proprio le modalità con cui il Senato della Repubblica ha approvato il Disegno di legge di bilancio 2019) secondo i giudici della Consulta non risulta avvenuto, quantomeno nelle modalità espresse dal ricorso dem. Nei fatti, dunque, la Legge di Bilancio è ‘salva’ e con essa lo stesso Governo Lega-M5s, visto che con il blocco voluto dal Pd si sarebbe arrivati al tanto temuto esercizio provvisorio.



“I PARLAMENTARI POSSONO RIVOLGERSI ALLA CORTE”

«La contrazione dei lavori per l’approvazione del bilancio 2019 – osserva la Corte Costituzionale nella nota pubblicata – è stata determinata da un insieme di fattori derivanti sia da specifiche esigenze di contesto sia da consolidate prassi parlamentari ultradecennali sia da nuove regole procedimentali. Tutti questi fattori hanno concorso a un’anomala accelerazione dei lavori del Senato, anche per rispettare le scadenze di fine anno imposte dalla Costituzione e dalle relative norme di attuazione, oltre che dai vincoli europei». Per questo motivo la Consulta non riscontra violazioni, come invece considerate dal ricorso Pd, tali da dover giustificare un proprio intervento: resta un monito al metodo utilizzato dal Governo gialloverde, «resta fermo che per le leggi future simili modalità decisionali dovranno essere abbandonate altrimenti potranno non superare il vaglio di costituzionalità». Secondo punto “positivo” per le opposizioni – di qualsiasi colore esse siano anche in futuro – i giudici della Consulta hanno ritenuto che «i singoli parlamentari sono legittimati a sollevare conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale in caso di violazioni gravi e manifeste delle prerogative che la Costituzione attribuisce loro», conclude la Consulta.

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