Riccardo Chailly presenta la sua nuova-vecchia Tosca a Che tempo che fa. “Nuova”, perché andrà in scena per la prima volta il 7 dicembre; “vecchia”, perché si tratta della primissima edizione di una delle opere più rappresentate al mondo. Rispetto a quella più eseguita, cambiano alcune cose: “Il Te deum è una diversa melodia corale e senza raddoppio degli ottoni, tutto a cappella; in Vissi d’arte il dialogo con Scarpia continua con queste battute: ‘Risolvi. No. Bada il tempo è veloce. Mi vuoi supplice ai tuoi piedi?’ e queste due battute in più sono un collante con il resto dell’opera; quando Scarpia dice ‘Tosca, finalmente mia’ ci sono 14 battute concitatissime orchestrali che toccano quasi un linguaggio espressionista, come se volesse sfondare il mondo tonale. Infine, all’affermazione ‘Scarpia, avanti a Dio…’ c’è una coda di 12 battute che riprende E lucevan le stelle”.
Riccardo Chailly su Puccini: “Un uomo tormentato”
L’insegnamento più grande dato da Riccardo Chailly (e, prima ancora, da Giacomo Puccini) è che le partiture sono un non-finito. “Più che non-finito”, precisa il direttore in un’intervista al Corriere, “vorrei sottolineare l’infinito pucciniano. Aveva un rapporto contrastante con se stesso, i ripensamenti erano inevitabili. Non tutti i compositori sono così. Lo era anche Felix Mendelssohn. Puccini era così autocritico da essere nocivo a se stesso. Doveva avere più fiducia nel suo talento”. A detta del maestro, il vitalismo pucciniano celava “il tormento”, “i conflitti nei confronti della sua creatività”. I suoi continui cambiamenti, comunque, erano dovuti non solo al travaglio interiore, ma anche alle esigenze di un marketing ante litteram: “In genere abbreviava. In questa Tosca ci sono otto passaggi inediti che è importante conoscere. Non è una imposizione, ma fare tutto Puccini in prima edizione consente di capire quanto fosse un perfezionista”.
Riccardo Chailly e la Tosca come opera politica
Riccardo Chailly parla della Tosca come di un’opera molto attuale, citando alcuni elementi nello specifico: “Il coraggio di rappresentare la brutalità, la sopraffazione di un uomo su una donna nel modo più bieco e più infimo. L’agire non onestamente: questo aspetto è molto attuale e quasi ossessivo nell’evolversi del secondo atto. Fino a che la vittima si ribella e agisce come una tigre”. Parlando infine dei protagonisti, Chailly afferma di essere soddisfatto: “Sono perfettamente adeguati. Anna Netrebko è idonea alle intemperie di queste vocalità. La prima donna pucciniana è sempre molto esposta nella scrittura, ma lei ha la vocalità giusta. Meli è preparatissimo, ha già cantato Cavaradossi e negli ultimi tre anni la sua voce si è ampliata e cresciuta. Salsi torna dopo lo Chénier ed è formidabile come vocalità e arte scenica. Si lavora bene anche con Davide Livermore: nelle scene ci saranno i tre tradizionali luoghi di Roma, ma in maniera sorprendente”.