Attraversando gli scavi di Ostia Antica e dirigendosi verso la Sinagoga si apre alla vista un vasto prato di erbe medicinali e tra queste sorgono qua e là, quasi impercettibili, dei piccoli cartelli bianchi piantati nel terreno, sui quali sono scritti i nomi di persone scelte a caso dall’elenco telefonico del comune di Ostia. È il lavoro ideato dal berlinese Jochen Gerz, il primo che si incontra in questa edizione della mostra Arte in Memoria. Le targhette insieme alle piante medicinali sono disseminate su un terreno che cela sotto di sé molti resti archeologici non ancora portati alla luce, configurandosi metaforicamente come ponte di mediazione tra l’esterno (l’oggi) e il passato sotterraneo.



Jochen Gerz è solo uno dei quattro artisti chiamati quest’anno a partecipare alla sesta edizione di Arte in Memoria, a cura della storica dell’arte Adachiara Zevi, in occasione della Giornata della Memoria. Gli altri sono Liliana Moro, Richard Long e Giuseppe Penone. Ogni artista è stato chiamato a creare delle installazioni pensate appositamente per il luogo. Un compito non facile sia per la particolarità morfologica del sito, una sinagoga datata I secolo d.C., che per la complessità e drammaticità della tematica da affrontare come quella dell’Olocausto.



La mostra ha la sua fonte d’ispirazione nell’iniziativa promossa dalla Sinagoga di Stommein in provincia di Colonia, che dal 1990 è divenuta spazio espositivo e ogni anno invita un artista a realizzare un lavoro “site specific”. L’idea che è alla base di entrambi gli eventi è quella non solo di ricordare e di commemorare un fatto storico drammatico, ma anche quella di creare un legame tra passato e presente attraverso un lavoro di riattualizzazione di quel fatto, pensato come parte integrante della storia attuale.

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Ogni artista, in linea con questa idea, ha contribuito a questo intento, ciascuno con il proprio linguaggio. Se Jochen Gerz con Noi e Loro ha prediletto come luogo della sua azione artistica l’ambiente esterno alla sinagoga, gli altri artisti hanno scelto di confrontarsi con l’interno dell’edificio. Liliana Moro ha realizzato Stella Polare, un palo alto 5 metri sormontato da un globo che emette luce gialla di giorno e di notte. Come si può dedurre già dal titolo, il lavoro vuole essere una sorta di “punto fermo”, di faro, di guida; un elemento di richiamo.

 

Nella stanza adiacente c’è Spazio di Luce di Giuseppe Penone, una scultura in bronzo ricavata da un calco in cera di un tronco d’albero la cui superficie interna è ricoperta d’oro. Essa in conformità con i dettami religiosi si rivolge simbolicamente verso est, verso Gerusalemme, culla della religione ebraica. Infine il lavoro di Richard Long, Bristol-Roma Circle. La ricerca di quest’artista britannico è basata sul rapporto con la natura e il paesaggio, rapporto che egli stabilisce attraverso le sue lunghe camminate sui territori che di volta in volta si trova a scoprire.

 

Passeggiare, attraversare, ritornare, raccogliere, disseminare. Sono tutte azioni che fanno parte integrante del sui lavori. Anche l’opera per Arte in Memoria è stata preceduta da queste azioni. Il risultato è un’ installazione circolare di 3,5 m di diametro, costituita da pezzi di quarzo, che si inscrive perfettamente nel perimetro rettangolare della stanza che la ospita. Una sorta di Totem, di Mandala.

 

Oltre a questi lavori è possibile vedere altre tre installazioni delle edizioni precedenti: Untitled di Pedro Cabrita Reis (2005), Untitled di Sol LeWitt (2005) e Blaster di Gal Weinstein (2002).

 

(Michela Dawe)

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