Sembra un proseguimento di “Benvenuti al Sud” e invece è realtà, se non proprio politica. Nord contro sud, o meglio Venezia contro Roma. Lo scontro non calcistico, ma istituzionale, comincia all’indomani delle dichiarazioni del neo ministro dei beni culturali Galan sull’inutilità della convivenza di due manifestazioni cinematografiche importanti come Roma e Venezia nella stessa nazione. Non si discute il periodo, come pure hanno fatto molti addetti ai lavori reputando le date delle rassegne troppo ravvicinate, ma la coesistenza.
Dichiarazioni che vedono pronta la risposta del sindaco capitolino Alemanno, che dichiara: “Pensare a una strategia di sviluppo del cinema italiano senza il protagonismo della capitale, senza il brand di Roma, è impossibile. Sarebbe come promuovere il cinema americano senza Hollywood”, rimarcando poi l’importanza limitata del contributo statale nel budget festivaliero. Gli fa eco l’assessore alle politiche culturali Gasperini: “Resta imprescindibile il festival del cinema che è un valore per la città sia in termini di indotto con 220 milioni di euro sia per la qualità della partecipazione alla vita culturale cittadina grazie alle scorse 600.000 presenze”, auspicando l’apertura di un tavolo di confronto sulla produzione cinematografica a Roma e sugli interventi per sviluppare il marketing territoriale della città e per sostenere le sale.
Non è dello stesso avviso l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari che a IlSussidiario.net ha dichiarato: “Quello che ha detto Galan l’avevo detto cinque anni fa, quando ero sindaco di Venezia. Non ha senso che lo Stato finanzi il Festival del Cinema di Roma, bisogna puntare tutto su Venezia. Se poi nella Capitale trovano gli imprenditori che lo finanziano lo facciano. In ogni caso non ha alcun effetto su Venezia, che è tutta un’altra cosa. Non a caso quella veneziana è una Mostra d’Arte Cinematografica. Quella di Roma è la classica impostazione nazionalpopolare: si punta tutto sul pubblico e sulla quantità. Insomma, Venezia è l’anti-holliwood, Roma è Cinecittà e i cinepanettoni”.
Una posizione forse semplicistica che Walter Casini, Presidente dell’ANEC Lazio, smentisce con una pungente lettera aperta al ministro: “Galan non è più il presidente della Regione Veneto ma il ministro della Cultura del governo della Repubblica italiana. Probabilmente nella velocità con cui è stata partorita la nomina non ha fatto a tempo a rendersene conto (…). Il Festival di Roma alimenta un interessante e costantemente in crescita mercato a compendio della attività festivaliera. Del resto, Ministro, trova strano che dove è collocato il 65% dell’industria cinematografica italiana e la quota più grande di spettatori, viva e cresca un Festival del Cinema?”
Il confronto è serrato, ma probabilmente non cambierà molto nelle dinamiche istituzionali visto che, come ribadisce il direttore generale del Centro Sperimentale di Cinematografia, Marcello Foti, lo stato contribuisce solo per l’1,6% al costo del festival romano. A chiudere la “contesa” arrivano le parole di Carlo Verdone, simbolo della romanità cinematografica: “L’Auditorium è il secondo centro culturale per visite dopo il Lincoln Center e questo grazie al festival. E’ impensabile eliminarlo, perchè è una cosa diversa dalla mostra di Venezia, è una festa per la gente, che permette al pubblico comune di incontrare, attori, autori, registi e personalità. Tutto questo a Venezia, non c’è”. Palla al centro.