«Ho cominciato questo progetto perché credo che l’acqua che abbiamo sia di ottima qualità: fresca, buona e fruibile». Silvano Morandi, Ceo della società Logica Acqua, lavora in questo campo da più di vent’anni e ha un sogno: vedere un giorno nel maggior numero di piazze e vie italiane una Casa dell’Acqua, da cui le persone possano rifornirsi di un’acqua microfiltrata, fresca a pochi centesimi al litro: «Spero che queste costruzioni siano numerose ovunque. Nel poter rendere fruibile l’acqua e ridurre la spesa pro capite, approvvigionandosi da fonti low cost. Anche l’aspetto sociale non è indifferente».
Cos’è una Casa dell’Acqua?
«Questo nome non è un mio copyright, lo usano in molti. Le Case dell’Acqua sono strutture che vengono posizionate nelle piazze, nei luoghi pubblici, nelle vie, dalle quali tutti coloro che vogliono usufruirne possono prelevare l’acqua proveniente dall’acquedotto. Potabile, opportunamente depurata, microfiltrata, refrigerata e anche gassata. A un prezzo che somiglia più a un rimborso spese: 5 centesimi al litro».
Come ha iniziato quest’attività?
«Sono nel campo dell’acqua dal 1987. Ho lavorato per una multinazionale francese come direttore generale per l’Italia e mi sono sempre appassionato alla valorizzazione dell’acqua di rete. Poi, una volta uscito dal gruppo, mi sono messo a fare l’imprenditore sviluppando questo progetto che si chiama La Casa dell’Acqua. Ho iniziato con entusiasmo, perché potrebbe risolvere anche situazioni emergenziali. Per esempio, sono stato scelto recentemente dalla provincia di Viterbo per il problema dell’arsenico: attraverso quest’impianto filtrante e performante viene rimosso. Dopo la rimozione di questa sostanza tossica, avviene un trattamento a carboni attivi, disinfezione, raffreddamento ed eventuale gasatura che rende l’acqua particolarmente piacevole nonché rispondente ai criteri di legge in fatto di igiene e di sicurezza».
Come mai depura l’acqua già potabile dei nostri acquedotti?
« L’iniziativa è iniziata perché tutti sappiamo che l’acqua di rete è eccellente, equilibrata e sempre fresca perché gira nei tubi. L’unico problema è che una volta uscita dalle reti del gestore passa attraverso gli impianti delle abitazioni che possono essere vecchi, soprattutto nei centri storici. La normativa che prevede la costruzione delle tubazioni affinché siano a norma di legge è del 2004, quindi non è sicuro che tutte le case risalenti a prima di quell’anno siano a norma. Andando a prelevare l’acqua dalla condotta principale e microfiltrandola, si ottiene un prodotto perfetto. Un altro motivo per cui ho scelto questo lavoro sono i risvolti sociali».
In che modo agisce nel sociale?
«Ho chiamato questo progetto “Sostenibilità Urbana e Architettura Democratica”. Innanzitutto sappiamo che l’acqua minerale non è molto economica e molte famiglie bevono quella del rubinetto anche se spesso sa di cloro. La Casa dell’Acqua, con 5 centesimi a litro, permette di avere sulla propria tavola acqua buonissima senza gravare sulle spese di una famiglia. Poi c’è anche la possibilità di usare una tessera elettronica che può erogare giornalmente un massimo o un minimo di acqua: se il sindaco di una città ne comprasse un certo numero, potrebbe soddisfare i bisogni di migliaia di cittadini».
Con questo metodo si risparmierebbe molto anche sulla plastica.
«Sicuramente. Spero che questo sia l’inizio di un processo di sensibilizzazione per quanto riguarda l’uso delle bottiglie d’acqua. Ognuna di queste casette fa risparmiare circa 600mila bottiglie d’acqua all’anno, che equivalgono a circa 45 tonnellate di petrolio. Il primo approccio è naturalmente rivolto a coloro che gestiscono il mondo dell’acqua, quindi le autorità d’ambito e i gestori del servizio idrico, ma ormai siamo indirizzati anche nei confronti di chi si occupa dei rifiuti, come le società per lo smaltimento o gli assessorati. Spero che sia l’inizio di un processo virtuoso, in cui tutti possano usufruire della distribuzione anche di più prodotti alla spina, per un motivo ambientale ma anche contro il degrado in cui spesso versano i quartieri».
In quali regioni sta operando in questo momento?
«Stiamo operando in Lombardia, Lazio, Campania, Basilicata, Sardegna e in Piemonte. Con il progetto e la società Logica, oltre alla filtrazione dell’acqua, ho anche sviluppato un rapporto molto articolato con l’utente, in cui si possono stabilire tariffe agevolate e risparmi notevoli. Spero che le Case dell’Acqua si possano trasformare da oggetti che erogano semplicemente acqua a punti di aggregazione sociale, fenomeno che si sta già verificando spontaneamente nei luoghi in cui sono già state installate. Mi farebbe piacere che diventassero come i vecchi fontanili di una volta, quindi punti di aggregazione sociale e di qualificazione urbana, nonché della vita cittadina».
Questo metodo di erogazione potrebbe anche essere molto utile laddove l’acqua non è potabile.
«Soprattutto dove l’acqua non è potabile questo progetto può diventare una risorsa. Le famiglie che sono in difficoltà e che non possono permettersi l’acqua minerale in bottiglia, non possono neanche bere l’acqua del rubinetto. La mia non è una guerra contro le minerali, sia chiaro. Propongo solo un’alternativa, una libera scelta low cost di acqua dell’acquedotto, come se uscisse sul mercato l’ennesima acqua minerale. Potrei dare fastidio alle aziende che producono acque minerali solo per il prezzo a cui vendiamo, che è molto più basso».
Quando potremo vedere delle Case dell’Acqua anche a Roma?
«A Roma ho presentato sia in Comune che all’Acea questo progetto ed è piaciuto molto come è giusto che sia, non essendoci lati negativi. Nella Capitale sarebbe perfetto perché l’acqua di Roma è di grande qualità e si potrebbe offrire un servizio di altissimo valore ai cittadini. Purtroppo nelle grandi città ci sono sempre così tante urgenze e problemi che poi queste questioni vengono messe in fondo alla lista. Spero che un giorno si possa passare dalla teoria alla pratica».
Quali sono le difficoltà di fare impresa a Roma?
«Roma assorbe tutto con una velocità altissima che non permette di ragionare. I problemi sono così tanti che spesso non si riescono a trovare interlocutori per queste iniziative sociali o che comunque vengono considerate marginali rispetto ai veri problemi di una città. Purtroppo i soldi sono pochi, il patto di stabilità è un mostro che non permette di agire. Fare impresa a Roma diventa quasi impossibile. È molto più facile fare una Casa dell’Acqua in un Comune di 5.000 persone che una ogni 5.000 abitanti a Roma».
Come si può trovare una soluzione?
«Per essere veramente concreti, bisogna tirarsi su le maniche e chi ha forza di volontà e tempo necessario deve darsi da fare da solo e cominciare un percorso. La speranza è trovare sulla strada l’ascolto della pubblica amministrazione».
Lei come fa a farsi ascoltare dalle istituzioni?
«Noi mettiamo le casette erogatrici di acqua in comodato d’uso quindi non chiedo niente ai sindaci o alla politica. Chiedo solo uno spazio dove appoggiarmi e se non mi danno neanche quello cerco di ottenerlo da un privato, per esempio in un centro commerciale. Però, nonostante questo, chiedo di poter mettere il logo del Comune per cercare di averlo comunque al mio fianco. Questo deve essere un servizio che insieme doniamo alla collettività».
(Claudio Perlini)