Si può dare una prospettiva di lavoro reale anche a una persona disabile o svantaggiata? L’esperienza del consorzio sociale gruppo DARCO, che si compone di cinque cooperative di inserimento lavorativo, testimonia che è davvero possibile. «La più importante è la cooperativa Capodarco, che lavora nel campo dell’inserimento lavorativo da 35 anni. Oggi offre occupazione a circa 2.400 addetti e a 800 persone disabili», afferma il presidente del gruppo DARCO, Maurizio Marotta, intervistato da IlSussidiario.net. «Il nostro consorzio – prosegue Marotta – gestisce vari servizi per conto di aziende sanitarie ed enti pubblici locali. In modo particolare si occupa della gestione di call center del ReCup, il centro unico di prenotazione regionale delle prestazioni sanitarie di tutta la regione Lazio. Il call center, una delle più consistenti commesse che il consorzio detiene, occupa attualmente circa 700 unità e riceve circa 20mila chiamate giornaliere per fissare appuntamenti in tutte le Asl e in tutti gli ospedali pubblici della regione Lazio».
In quali territori opera il consorzio?
«Su tutto il territorio regionale, ma anche in Toscana, Abruzzo e Lombardia, dove gestiamo, sempre per conto di aziende sanitarie e ospedaliere, le attività dei centri unici di prenotazione. Ultimamente abbiamo aperto uno stabilimento a Pomezia di circa 12mila metri quadrati che viene destinato alla gestione di un nuovo sistema che prevede l’automazione dei processi di front office».
Che tipo di automazione?
«Si tratta della gestione di una serie di sistemi e di servizi informatici, per conto delle pubbliche amministrazioni, che dovrebbero appunto automatizzare e virtualizzare le procedure che oggi vengono normalmente effettuate dietro a uno sportello. Consentendo perciò agli utenti di poter prenotare le prestazioni sanitarie da casa, via internet, al telefono e per poter evitare in qualsiasi modo perdite di tempo inutili».
In che modo assumete nuovo personale?
«Le richieste che riceviamo vengono solitamente inviate dalle persone disabili o svantaggiate che ci chiedono di poter lavorare. Facciamo delle selezioni, valutiamo le persone nel nostro ufficio di orientamento per verificare se le capacità di una persona sono compatibili con le funzioni che prevediamo».
Ad esempio?
«Solitamente per le funzioni di operatore di contact center occorre una buona capacità di relazione con il pubblico, sufficienti capacità di gestione dei programmi informatici e una buona cultura di base».
Un vero e proprio colloquio di lavoro.
«Sì, un esperimento lavorativo a tutti gli effetti. Le persone che lavorano da noi sono retribuite e remunerate sulla base del contratto collettivo nazionale di lavoro nelle cooperative sociali, che appunto contraddistingue il nostro modo di operare nei confronti della pubblica amministrazione; i nostri operatori sono tutti inquadrati come lavoratori con un contratto a tempo indeterminato».
Come è nata questa opera?
«Trentacinque anni fa nacque la comunità di Capodarco, dove vivevano persone disabili e non solo, da cui poi prese il via una cooperativa di lavoro che nel corso degli anni si è specializzata nelle attività che le spiegavo prima. Attraverso un lungo percorso è diventata un’entità autonoma rispetto alla comunità, seguendo le sue maestranze all’interno del rapporto sociale. Tutti i lavoratori sono anche soci della cooperativa oltre che essere dipendenti: un grande esempio perciò di mutualità sociale che ha dato la possibilità concreta di lavorare a persone che attualmente sono agli argini del mercato del lavoro. C’è poi la voglia di sentirsi protagonisti di questo progetto di inserimento lavorativo, di emancipazione dalla condizione di assistenza».
Quali sono i vantaggi e i limiti nell’operare a Roma?
«Dal punto di vista delle criticità, lavorando prevalentemente per enti pubblici risentiamo in modo diretto di tutte le problematiche che le amministrazioni pubbliche hanno, come ad esempio i passaggi di consegne, difficoltà a mantenere i servizi attuali, tagli delle spese. Poi anche tutte le difficoltà dovute al fatto che ogni quattro, cinque anni siamo sottoposti a una gara per poter proseguire le attività di servizio che abbiamo».
Che problemi creano queste gare?
«Un grande senso di precarietà. Da un lato infatti questa situazione ci permette di offrire la massima efficienza ed economicità, dall’altro produce tanta ansietà e la difficoltà di vedere con una certa tranquillità alle prospettive future».
(Claudio Perlini)