Michele Misseri è un uomo libero dall’11 febbraio scorso, dopo aver scontato la condanna a 8 anni di reclusione per la soppressione del cadavere della nipote Sarah Scazzi, e nella sua prima intervista dopo la scarcerazione, rilasciata alla trasmissione FarWest di Salvo Sottile, torna ad autoaccusarsi del delitto di Avetrana nel tentativo di rimettere in discussione il giudicato che ha portato la moglie Cosima Serrano e la loro figlia, Sabrina Misseri, all’ergastolo in via definitiva perché riconosciute responsabili dell’omicidio della 15enne. “Sono io il colpevole, in cella ci sono due innocenti e non è giusto“, ha ribadito Misseri, mai creduto dagli inquirenti non solo perché non avrebbe mai saputo spiegare la dinamica omicidiaria, ma anche perché “portatore” di versioni contrastanti su ciò che accadde quel pomeriggio del 26 agosto 2010 nella loro villetta di via Grazia Deledda dove tornerà a vivere in totale solitudine.
Le parole di Michele Misseri, dopo il fine pena, sono destinate a innescare un nuovo terremoto mediatico intorno al caso Scazzi. L’uomo sostiene di essere l’assassino e stavolta introduce un altro elemento al suo già singolare racconto: “Sono stato io, potrei uccidere ancora. Se al posto di Sarah ci fosse stata mia figlia Sabrina, l’avrei fatto lo stesso“.
Sarah Scazzi, Michele Misseri tenta ancora di scagionare moglie e figlia: “Processo a tavolino, così ho ucciso mia nipote”
Michele Misseri tenta ancora di scagionare moglie e figlia dalle responsabilità che la giustizia italiana ha riconosciuto ad entrambe nell’omicidio della piccola Sarah Scazzi. Cosima e Sabrina Misseri si sono sempre dette innocenti, estranee al delitto di Avetrana che, secondo Misseri, avrebbe compiuto da solo fino all’ultimo, dall’azione omicidiaria alla fase della soppressione del corpo in un pozzo della sua campagna in contrada Mosca. I giudici, però, non gli hanno mai creduto. Inizialmente Misseri si autoaccusò per poi cambiare versione e chiamare in correità la figlia Sabrina il cui movente, secondo le carte processuali, sarebbe da rintracciare nella gelosia che la giovane covava per l’amicizia sempre più stretta tra la cugina 15enne e Ivano Russo, ragazzo di Avetrana del quale era invaghita.
“Il mio processo è stato fatto a tavolino – ha dichiarato Misseri a FarWest dopo la scarcerazione anticipata per buona condotta e decreto “svuotacarceri” – perché l’unico colpevole sono io. L’ho uccisa io. Mia moglie non mi comandava, lei aveva la contabilità perché aveva fatto le scuole (…). Quel giorno non stavo bene, avevo un dolore alla testa pazzesco. Sul letto matrimoniale dormivano Sabrina e Cosima. Più o meno era l’una e mezza, quando ho mangiato sono sceso in garage, il portone era tutto aperto perché dovevo andare a lavorare. Il trattore non partiva e mi sono incavolato di brutto (…). Sarah è scesa sotto il garage, forse mi voleva dire ‘Zio, perchè stai bestemmiando?’, o voleva sapere se poteva suonare al citofono. A me stava dando fastidio, l’ho presa di spalle e le ho detto ‘Vattene, Sara’. L’ho sollevata di peso, forse l’ho presa al seno, lei mi ha dato un calcio all’indietro e mi ha preso alle parti deboli. Lì mi è salito un dolore fino alla testa, un calore alla testa che non ricordo quasi niente. Un pezzo di corda c’avevo sul parafango del trattore, io non ricordo solamente come ho messo la corda, quanto l’ho tenuta stretta. Quando ha suonato il cellulare, io è come se mi sono svegliato, ho mollato ed è caduta per terra e ho capito che era morta”.
Misseri, il presunto tentativo di suicidio e l’ombra inquietante: “Potrei uccidere ancora”
Michele Misseri sostiene di aver scelto come luogo per disfarsi del corpo proprio contrada Mosca, in particolare spogliando il corpo di Sarah Scazzi sotto un albero di ulivo che, secondo il suo racconto, sarebbe lo stesso sotto il quale un amico del padre lo avrebbe “violentato da bambino“. Minuzioso nella descrizione della fase successiva al delitto, quando avrebbe gettato il cadavere della nipote 15enne nel pozzo, Misseri resta però sempre vago nella ricostruzione dell’omicidio. Un nodo critico, questo, che per i giudici è una delle prove che dimostrano la sua estraneità all’uccisione della ragazzina.
Ai microfoni di FarWest, Misseri ha dichiarato di avere tentato il suicidio: “Ho preso una bottiglia di veleno e sono andato in campagna per togliermi la vita, due giorni prima che mi interrogassero a Taranto. Prima di farlo ho pensato ‘se tu ti ammazzi Sarah non verrà mai ritrovata, nessuno saprà perché ti sei ammazzato. Ma penso anche di aver sbagliato perché se mi fossi ammazzato Sarah avrebbe avuto giustizia, mia moglie e mia figlia non sarebbero in carcere. Ho sbagliato pure su questo“. Missseri sostiene ancora di aver accusato Sabrina perché spinto a farlo: “Alle 3 di mattina viene un infermiere e mi dà due pillole, una arancione e una bianca. Alle 4 di mattima mi portano ad Avetrana. A un certo punto svenivo, mi addormentavo, ho sentito solo un carabiniere che mi dice ‘E se diciamo che Sabrina te l’ha portata e tu le metti la corda al collo? L’ho detto anche davanti ai giudici, non ricordo chi era questo carabiniere, non ero lucido. Io dicevo ‘perché devo mettere Sabrina in mezzo se non c’entra niente?’, e lui mi disse ‘Tra padre e figlia non ci sono reati, Sabrina 2 anni ed esce fuori, tu vai in un convento a fare dei lavori, esci subito. Mi hanno fatto il lavaggio del cervello. Tutti. Mi hanno ricattato, per me era un ricatto“. Michele Misseri ha aggiunto un elemento al suo racconto avanzando l’ombra del pericolo di tornare ad uccidere: “La verità è che l’ho uccisa io. Non quello che dicono i giudici. Lotterò per dimostrarlo e se non riesco la faccio finita. Sabrina e Cosima sono innocenti e non hanno mai torto un capello a Sarah. Ho scritto più di 500 lettere a loro, ma non hanno mai risposto. Ho ucciso per via di un raptus, penso che possa capitare ancora, può essere pure che ricapita. Quel giorno, se anziché Sarah ci fosse stata Sabrina, sarebbe successo lo stesso”.