“Il governo iraniano ha intensificato i suoi sforzi per rapire e uccidere funzionari governativi, attivisti e giornalisti in tutto il mondo, anche negli Stati Uniti, secondo documenti governativi e interviste con 15 funzionari a Washington, in Europa e nel Medio Oriente, che hanno parlato a condizione di anonimato” ha scritto il Washington Post in un suo approfondito articolo. “Teheran ha preso di mira ex alti funzionari del governo degli Stati Uniti; dissidenti fuggiti dal Paese e media critici nei confronti del regime” si legge ancora. Nella lista ci sarebbero anche personaggi come l’intellettuale francese Bernard-Henri Lévy e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale americano John Bolton.
Non è una novità che i servizi segreti di molti Paesi, dalla Russia a Israele, agiscano all’estero per eliminare dissidenti o bersagli politici, ma l’attività iraniana sarebbe decisamente aumentata nel corso degli ultimi due anni colpendo un po’ tutti. Ma, come ci ha detto in questa intervista Filippo Landi, già corrispondente Rai da Gerusalemme, “bisogna fare attenzione e leggere attentamente quell’articolo perché molti dei fatti riportati risalgono a diversi anni fa. La domanda da farsi allora diventa: perché questo articolo sul più autorevole quotidiano americano e perché proprio ora?”. Ecco cosa ci ha detto.
Le persone sospettate di essere nella lista nera di Teheran non sono solo dissidenti iraniani, ma anche intellettuali e politici europei o americani. Come mai questa caccia senza frontiere in un momento storico in cui l’Iran ha gravi problemi interni?
La notizia, riportata da un giornale autorevole, è una notizia per molti aspetti preoccupante per la vicenda in sé. Preoccupa una lista nera che sia stata in qualche modo preparata a Teheran anche se andrebbe accertato con attenzione se è una lista di oggi o una lista fatta a suo tempo, anni fa.
Quello che la fa sembrare attuale è la presenza di nomi come quello di Bernard-Henri Lévy, che si è espresso recentemente a sostegno delle manifestazioni popolari iraniane, no?
È comunque un particolare di grande rilevanza capire se l’attività dei servizi iraniani miri a colpire delle persone oggi oppure se sia stata una attività che risale al passato. È il caso di Salman Rushdie, che da decenni era sotto l’attenzione non solo dell’Iran ma del mondo dell’estremismo islamico. La notizia è preoccupante per il fatto in sé, ma anche per il fatto che viene resa disponibile all’opinione pubblica oggi e da parte americana.
Perché?
C’è un’altra notizia importante che ha avuto però meno rilievo. Si sono svolte esercitazioni militari israelo-americane che avevano come obiettivo ipotizzato un attacco aereo contro l’Iran. Sullo sfondo c’è, come immaginabile, il contenzioso sul nucleare, cioè sulla potenzialità iraniana di costruire una bomba atomica.
Collegando le due cose cosa si ottiene?
Collegate fra loro fanno ipotizzare che si voglia cominciare a preparare l’opinione pubblica internazionale a un attacco israeliano e americano contro l’Iran prima ancora di verificare se è possibile portare a compimento le trattative in corso a Vienna per far rinascere quell’accordo che l’amministrazione Trump aveva stracciato e che Biden invece sembrava voler rimettere in auge.
Questo significa che Netanyahu ha ripreso a fare pressioni sulla Casa Bianca e ha ottenuto quello che voleva, il via libera a un attacco contro l’Iran?
Questa è la domanda centrale di questa vicenda che riguarda la situazione tra Usa e Iran ma anche tra Usa e nuovo governo israeliano. Va ricordato, come abbiamo già detto, l’intervento americano, che pare riuscito, per bloccare la nomina a ministro della Difesa del leader della nuova destra israeliana, Bezalel Smotrich.
Quindi? Che conclusione possiamo trarre?
Che Biden ha veramente paura di quello che può accadere in Israele per via di questo nuovo governo. Paura che la situazione a Gerusalemme esploda, che milioni di arabi con cittadinanza israeliana vengano spinti a lasciare le loro case attraverso azioni di tipo amministrativo e fa pensare che la preoccupazione di Biden riguardi soprattutto la situazione israeliana palestinese e meno quella del rapporto con l’Iran. Significa anche che il futuro governo Netanyahu avrebbe accettato il condizionamento americano sulla politica interna ma probabilmente ha chiesto e forse ottenuto una azione più dura nei confronti dell’Iran. Ecco che preparare a una eventuale azione militare diventa una ipotesi reale. Inoltre gli acquisti di droni da parte di Mosca in Iran hanno posto il conflitto ucraino come uno degli elementi ulteriori del contenzioso tra i due Paesi.
Insomma si mette tutto in un calderone solo: il nucleare e l’aiuto iraniano alla Russia, colpendo Teheran una volta sola? In questo modo si interrompe l’aiuto che l’esercito russo sta ricevendo in Ucraina?
Più che interromperlo sarebbe una punizione per quello già fatto. È comunque un quadro molto preoccupante.
(Paolo Vites)
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