Nell’audizione presso la Commissione economia e affari monetari del Parlamento europeo tenutasi lunedì, Christine Lagarde ha spiegato che si prevede un continuo indebolimento delle pressioni inflazionistiche, ma al contempo non si esclude un leggero aumento dell’inflazione nei prossimi mesi. Per questo motivo, la Bce garantirà che i tassi siano fissati a livelli sufficientemente restrittivi per il tempo necessario. La settimana scorsa la Presidente della Banca centrale europea aveva usato parole simili, non escludendo un ulteriore futuro rialzo dei tassi. Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, ci ricorda che «alle Banche centrali è stato affidato l’intero onere di tenere sotto controllo l’inflazione, dando per scontato che il risultato possa essere ottenuto con la sola politica monetaria, al più supportata da strumenti fiscali dei Governi. Invece, l’attuale inflazione sta dimostrando che ci sono fattori esterni che possono influire in maniera molto rapida sui prezzi e che non dipendono dalla quantità di denaro in circolazione, causando moltissimi problemi».



Quali sono questi fattori?

Essenzialmente due. Il primo è di tipo climatico. La siccità in varie parti del mondo comporta minori raccolti, così come eventi meteorologici di segno opposto quali le alluvioni. Il risultato è un aumento dei costi dei prodotti agroalimentari. In Italia ne sappiamo qualcosa, sia per l’alluvione che c’è stato in Emilia-Romagna che per la mancanza di acqua per allagare le risaie registrata nei mesi scorsi.



Qual è il secondo fattore esterno che influisce sull’inflazione?

Si tratta delle guerre, un fattore geopolitico che entra anche nell’inflazione. Infatti, alcuni importanti circuiti di scambio commerciali sono stati interessati dai conflitti, con ripercussioni sull’offerta e sui prezzi, come abbiamo visto, per esempio, nel caso dell’export di cereali russi e ucraini. C’è, quindi, una parte di inflazione che le Banche centrali non sono in grado strutturalmente di contenere e contrastare.

Quanto può valere questa parte di inflazione che le Banche centrali non possono contrastare?



Si stima che valga tra il 2% e il 3%. Sommando questo ammontare al normale target inflazionistico del 2%, arriviamo al 4-5% attuale dell’inflazione core. Scendere sotto il 4% diventa, quindi, complicato per le Banche centrali.

Che devono comunque portare avanti una politica restrittiva che ha un effetto collaterale, il rallentamento dell’economia, che in Europa, a differenza di quel che avviene negli Stati Uniti, non viene compensato da una politica fiscale espansiva…

Sì ed è difficile peraltro mettere in campo qualunque politica fiscale in questo momento. Le pressioni di breve e lungo periodo sono così numerose che non si sa bene come comportarsi. Basta guardare alla Germania, dove le scelte del Governo sono state messe in seria discussione dalla Corte Costituzionale e si è determinato un buco nei conti da 60 miliardi di euro. Siamo in una situazione caotica in cui è già tanto se l’Ue riesce a esercitare un’influenza non trascurabile sui budget del prossimo anno. È un sistema intero che mostra le sue debolezze, come un edificio secolare che ha problemi al tetto, ai serramenti, all’impianto elettrico, ecc.

Il che vuol dire che non basta mettere mano al Patto di stabilità, come si sta facendo, ma andrebbe riscritta da zero la governance fiscale europea?

Penso che siamo arrivati a un momento in cui da un coordinamento blando e a posteriori dei budget, che nel corso degli ultimi anni è diventato più stretto, si dovrà probabilmente passare a un’imposta principale europea sul reddito, delle persone o delle imprese è da vedere, magari con piccole variazioni tra un Paese e l’altro, ma con meccanismi comuni e decisa dal Parlamento europeo, non da quelli nazionali. Diversamente, credo che tutta l’idea di Unione europea salterebbe.

Questa imposta servirebbe ad avere un bilancio europeo diverso da quello oggi esistente e finanziato dai Singoli stati membri?

Una serie di funzioni, sicuramente la difesa, devono passare dalle singole nazioni all’Ue ed essere finanziate a livello europeo con questa imposta sul reddito. Anche perché stiamo scoprendo che i Governi dei singoli Paesi sono impotenti di fronte a quasi tutte le sfide più importanti.

Alla luce di quello che ha detto all’inizio sulla difficoltà che hanno a raggiungere il loro obiettivo di controllo dell’inflazione, cosa dovrebbero fare le Banche centrali?

Se fossi un Governatore di una Banca centrale credo che chiederei ai Governi di fare la loro parte, tagliando la spesa pubblica improduttiva e gli sprechi, perché con ulteriori strette monetarie si rischierebbe di creare disoccupazione e aumentare le disuguaglianze.

(Lorenzo Torrisi)

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