Da quando si è scoperto che l’attività umana sta facendo aumentare rapidamente la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, i cambiamenti climatici sono diventati tema di interesse generale, alla pari dell’utilizzo dell’energia nucleare nella seconda metà del secolo scorso. Tuttavia, le domande che hanno suscitato i dibattiti in corso sono ancora in attesa di risposta: il clima sulla Terra sta veramente cambiando? Se sì, quali sono le cause? E quanto possono essere catastrofici gli effetti?
La risposta a queste domande richiede una completa conoscenza delle dinamiche climatiche che non è affatto semplice da ottenere e che attualmente è ancora molto incompleta. Il clima infatti è determinato da numerosi fattori che agiscono in modi e con tempi molto diversi: per esempio, alcuni cicli dell’attività solare hanno durata decennale, mentre la distribuzione geografica dei continenti e degli oceani cambia in decine di milioni di anni. Di conseguenza, per studiare il clima in tutte le sue dimensioni, è necessario guardare alla storia della Terra fin dalla sua origine.
Poiché non disponiamo di misure dirette dei parametri climatici per tempi precedenti agli ultimi due secoli, occorre guardare a quelli che vengono definiti record geologici, ossia rocce e sedimenti formatisi nel tempo in vari bacini, come laghi, mari e oceani, e preservatisi fino ai nostri giorni. Queste rocce e sedimenti sono come un registro della storia geologica del luogo, in quanto conservano tracce lasciate dai processi naturali al momento della loro formazione. Il compito dei geologi che studiano la storia della Terra è quello di comprendere quali processi hanno causato le tracce che si osservano nel record geologico.
Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Paleoceanography (“Orbital control on carbon cycle and oceanography in the mid-Cretaceous greenhouse”) mostra come si possono ottenere informazioni dal record geologico. In questo studio viene analizzata una successione di rocce risalenti al periodo Cretaceo, poco più di 100 milioni di anni fa. Tali rocce sono costituite da strati di vari colori che si alternano in cicli, i quali riflettono la variazione di specifici parametri dell’asse terrestre e dell’eccentricità dell’orbita terrestre intorno al Sole, con periodi di circa 20.000, 41.000, 100.000, e 400.000 anni.
Questi cicli, detti di Milankovitch, scandiscono nel tempo le variazioni dell’intensità con cui la radiazione solare raggiunge la superficie terrestre e di conseguenza controllano il contrasto stagionale (per esempio la differenza di temperatura tra estate e inverno) sulla scala del tempo geologico. In ciascuno strato di roccia è stato misurato un parametro, chiamato d13C, che indica come il carbonio viene scambiato tra l’oceano e gli altri sistemi sulla superficie terrestre: atmosfera, terre emerse, sedimenti sul fondale oceanico. Il carbonio è un elemento fondamentale nei processi naturali, che, a loro volta, influiscono sul clima. Essi agiscono, per esempio, attraverso la CO2, che viene respirata dalle piante, ma essendo un gas serra, trattiene anche il calore sulla superficie terrestre. Di conseguenza, la traccia degli scambi di carbonio nel passato può fornire informazioni sui processi climatici.
Nello studio viene osservato che il d13C varia con cicli di circa 400.000 anni, lo stesso periodo del ciclo di eccentricità lunga di Milankovitch. Quindi, le variazioni di insolazione, legate ai cicli di Milankovitch, controllavano gli scambi di carbonio sulla superficie terrestre durante il Cretaceo. Ciò indica che il clima a quel tempo era sensibile alle variazioni cicliche dell’eccentricità dell’orbita terrestre. Questi cicli nel d13C erano già stati osservati in vari record geologici di periodi più recenti, in cui il sistema climatico era più simile a quello attuale.
La novità in questo caso è che anche 100 milioni di anni fa, quando le condizioni sulla Terra erano molto diverse, erano in atto i medesimi meccanismi climatici.
È importante notare che il record geologico mostra le tracce lasciate da questi meccanismi, tuttavia resta da spiegare in che modo i cambiamenti di insolazione controllavano gli scambi di carbonio sulla Terra. Nello studio vengono avanzate delle ipotesi, ma la domanda resta aperta.
Cosa si può imparare quindi dallo studio del record geologico? In primo luogo si può notare che i cambiamenti climatici avvenivano anche in tempi molto remoti, ben prima che l’uomo comparisse; anzi, è stato proprio grazie ai continui cambiamenti che il nostro pianeta ha potuto evolversi fino al suo stato attuale, in grado di favorire la sopravvivenza dell’uomo.
Inoltre, guardare al passato mette in luce la complessità dei meccanismi che regolano il sistema climatico e quanto è ancora necessario apprendere per poterli spiegare. Allo stato attuale della conoscenza è ragionevole affermare che l’aumento di CO2 causato dall’uomo nell’ultimo secolo e mezzo avrà un impatto sul clima del nostro pianeta, tuttavia come e quanto rapidamente questo avverrà non è ancora possibile dirlo con certezza sufficiente per fare programmi per il futuro.
(di Martino Giorgioni)