Le elezioni di sabato e domenica, oltre ad aver designato i rappresentanti del nuovo parlamento dell’Unione Europea, sono state le principali tornate amministrative svolte in Italia dal 2004, poiché hanno dato luogo al rinnovo di 62 amministrazioni provinciali e di 4281 comuni, di cui 219 superiori ai 15.000 abitanti (che utilizzano un sistema elettorale differente basato sul doppio turno). Di grande interesse, anche per lo scenario politico nazionale, è chiarire chi è uscito vincitore da queste numerose sfide locali.
Nell’analisi dei risultati delle elezioni comunali, però, si pone il problema di come valutare le ampie differenze del sistema politico locale da quello nazionale: coalizioni strutturate secondo incentivi e opportunità differenti, liste civiche e candidature della società civile sono strumenti molto diffusi che modificano la competizione e alterano la dinamica politica così come siamo soliti seguirla dal dibattito nazionale. Attraverso una generalizzazione della situazione antecedente al voto nei 219 comuni superiori ai 15.000 abitanti, possiamo determinare, però, una buona base d’analisi con cui confrontare i risultati del 6 e 7 giugno.
Il primo dato che emerge chiaramente è che la grande maggioranza di queste amministrazioni comunali era governata da coalizioni di centrosinistra (165 su 219, pari al 75% del campione), mentre solo un quinto aveva a capo coalizioni di centrodestra (44, di cui 4 esclusivo appannaggio della Lega Nord). In 10 comuni la coalizione di maggioranza era composta da liste civiche. Questo risultato era determinato dall’ottimo comportamento della coalizione di centrosinistra alle precedenti elezioni amministrative, che, oltre a variabili legate a differenti strategie politiche (su tutte la diversa composizione delle coalizioni) aveva alla base un vantaggio competitivo dato dalla distribuzione dei comuni sul territorio nazionale.
Il 38% di quelli al voto nel 2009, infatti, si trova in regioni dell’Italia centrale, da sempre caratterizzate da una forte tradizione socio-politica comunista e socialista (Zona rossa). Al contrario, solo il 9% dei comuni è situato nel Nord-Est del paese, la zona bianca dell’Italia elettorale, dove un tempo la DC e ora Lega e PDL, controllano la maggioranza delle amministrazioni. A dimostrazione di ciò, nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti al voto nella Zona rossa, il 93% era controllato da coalizioni di centrosinistra, percentuale che scendeva al 50% nel Nord-Est. Al contrario, il centrodestra guidava solo il 7% dei comuni della Zona Rossa, mentre più di un quarto erano quelli nel Nord-Est. Il centrosinistra, quindi, partiva da una posizione di ampio vantaggio.
Queste elezioni hanno in parte mutato lo scenario: 21 comuni sono passati dal controllo di maggioranze di centrosinistra a maggioranze di centrodestra (tra cui alcuni capoluoghi di provincia come Bergamo, Pavia, Biella, Vercelli, Pescara e Campobasso). Solo per un piccolo comune (Civita Castellana, nel Lazio) è, invece, avvenuto il contrario. Delle 118 amministrazioni in cui è già stato eletto il candidato sindaco, in 41 casi questo appartiene a coalizioni di centrodestra o di liste civiche. Il centrosinistra sembra, quindi, perdere una buona parte del suo vantaggio competitivo, all’interno di un forte declino elettorale che lo coinvolge già dalle elezioni dello scorso anno. Anche in questo caso, però, la distribuzione territoriale ci aiuta a interpretare il dato: nella Zona Rossa continua a persistere un forte predominio del PD e dei suoi alleati (51 comuni a 2), mentre nel Nord-Est PDL e Lega non lasciano agli avversari neanche un’amministrazione.
Certo è che per dare un giudizio finale occorrerà attendere i risultati dei turni di ballottaggio: infatti, in ben 92 comuni, nessun candidato sindaco è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta dei consensi al primo turno. Di questi, 26 erano guidati dal centrodestra e 63 dal centrosinistra: confermandosi in questi comuni, il centrosinistra limiterebbe ampiamente i termini della sconfitta. Ballottaggio che, tra l’altro, riguarderà i 5 comuni più popolosi di questa tornata: Bologna, Firenze, Bari, Padova e Prato e se nei primi due non ci dovrebbero essere problemi per Delbono e Renzi, negli altri tre la partita è ancora tutta aperta. Il centrodestra dal canto suo pensava di poter sfruttare maggiormente il risultato delle elezioni europee: il mancato “sfondamento” del PDL e la strenua difesa del PD, hanno evitato un più che probabile terremoto nella dirigenza (e poi nella base) del Partito Democratico, che qualora fosse avvenuto avrebbe rappresentato un segnale molto negativo in vista del voto del 20 e 21 giugno.
Il centrodestra avanza, ma il centrosinistra può ancora tenere in un buon numero di comuni: prevarrà l’attuale clima politico-elettorale o continueranno ad imporsi le tradizioni territoriali?
(Massimo Achilli)
Figura 1: risultati elezioni comuni superiori ai 15.000 abitanti nella precedente tornata
Figura 2: risultati elezioni comuni superiori ai 15.000 abitanti 6 e 7 giugno 2009