La crisi bancaria è risolta? Non si sa. Di certo, è sparita dai radar dei media. Ma lasciando tracce. Come Pollicino. Ad esempio, questa. L’aumento di 111 miliardi da una settimana con l’altra della corsa degli istituti del Vecchio continente alla Discount Window della Bce non ha suscitato interesse.
Almeno non il medesimo riservato dai media alle banche Usa. In totale, 168 miliardi dai 57 miliardi di soli sette giorni prima.
Questo sebbene la realtà mostrasse una cosiddetta Marginal Rate al 3,75%, superiore alla Main Refi Rate del 3,5%. Da allora, l’utilizzo è calato. Ma questo ci mostra come Credit Suisse sia stato solo il sintomo più evidente di un malessere diffuso in seno al sistema bancario europeo. Un sintomo o un agnello sacrificale?
Anche in questo caso, il silenzio è chiarificatore. E complice delle grandi manovre in atto, mentre i numeri delle trimestrali spingono gli indici e impongono la narrativa di istituti del Vecchio continente sanissimi, solventi e profittevoli. Il Parlamento svizzero ha infatti bocciato l’accordo fra Credit Suisse e UBS, nonostante la drammatica ricostruzione dell’accaduto del ministro delle Finanze, Karin Keller-Sutter e il via libera della Corte federale. Di fatto, la versione ufficiale vorrebbe quello stop all’esborso di fondi pubblici come meramente simbolico, poiché il Governo ha fatto ricorso a una sorta di decretazione d’urgenza molto simile a un regime emergenziale di bypass del Parlamento. Ma non è così. In realtà, il cane si morde la coda. L’ok a quella decretazione d’urgenza richiede paradossalmente il via libera dal medesimo Parlamento che ha bocciato l’accordo CS-UBS. E, soprattutto, il medesimo accordo vincola all’ok del Parlamento l’esborso di miliardi pubblici sotto forma di garanzie.
Il mercato, finora, ha finto di non vedere tutto questo. E, certamente, fra Berna e Zurigo si troverà il modo di far quadrare il cerchio. Ma creando non solo un enorme precedente, di fatto in grado di mandare in pezzi un centinaio di anni di credibilità bancaria elvetica e il profilo di trasparenza di un Paese che rimanda alla consultazione popolare anche il colore dei taxi. Bensì anche un dubbio latente che si sostanzia in quella corsa collettiva alla Discount Window della Bce. E questo secondo grafico di fatto non fa che rincarare la dose: stando a calcoli di Bank of America, il prestito bancario è già entrato in contrazione anche in Europa.
Mentre questo ulteriore grafico mostra come nel primo trimestre 2023 sia stata la Germania a guidare il calo delle vendite al dettaglio nell’Eurozona. E, soprattutto, la Bonanza dei risparmi in eccesso accumulati durante la pandemia. Da un lato, cuscinetto contro un tracollo ben più ampio rispetto al trend. Ma davvero inquietante, se messo in relazione a un quadro di stabilità creditizia come quello emerso dal dato dei prestiti. E dalla confusione sovrana attorno al caso CS-UBS.
Insomma, come Lehman fu lasciata fallire per salvare il Sistema, così anche CS? Unire i puntini, cari lettori. Ricordate sempre la regola aurea. Come ne La settimana enigmistica. E quasi magicamente, ciò che appare totalmente svincolato, di colpo assumerà rilevanza e verrà legato da un filo logico. Ad esempio, questo: Nonostante le sanzioni, le esportazioni di petrolio russo a marzo sono salite ai massimi dall’aprile 2020. Lo scriveva due giorni fa l’Agenzia internazionale dell’energia – AIE – nel suo report mensile. Nello stesso giorno, il quotidiano Il Messaggero apriva la propria prima pagina con un titolo allarmato e allarmante: in autunno le bollette energetiche torneranno a salire. Chiaramente, ci diranno che non esiste correlazione. Che dipenderà da mille altri fattori. Da gestori e tariffe. Che l’Italia è indipendente dalla Russia. Che il piano Mattei sancirà la svolta, nonostante fino all’autunno resterà solo sulla carta. Segnatevelo fin da ora: in confronto alla pagliacciata energetica africana del Governo, il Pnrr è un qualcosa di concreto e su cui fare affidamento. Ma sicuramente hanno ragione loro, qui si fa solo del disfattismo. Ma il grafico parla chiaro: dal 5 aprile in poi, il greggio degli Urali – quello russo – scambia sistematicamente e strutturalmente sopra il cap di 60 dollari al barile. Tradotto, chiunque riconosca il regime sanzionatorio dovrà starne distante. Stranamente, quel superamento del Rubicone imposto dal G7 è avvenuto dopo la decisione dell’Opec di tagliare la produzione.
Ovviamente, va tutto bene. L’Italia può contare sull’Algeria. Nonostante quest’ultima sia di fatto una dependance di Gazprom. O magari sarà il gas liquefatto Usa a salvarci, al netto di costi che già oggi giustificherebbero l’allarme in vista dell’autunno. Non fosse altro per la mancanza di rigassificatori. Qualcuno, però, comincia a preoccuparsi. State Bank of India e Bank of Baroda hanno infatti avvisato ufficialmente i raffinatori che non gestiranno pagamenti di petrolio russo acquistato al di sopra dei 60 dollari al barile. Reazione dei raffinatori? Qualcuno invita a tenere d’occhio titoli e cds delle due banche. Perché alla richiesta ufficiale di dettagli e chiarimenti sulle dinamiche dei prezzi cosiddetti free-on-board (utilizzati finora come mezzo per bypassare le sanzioni), alcuni fra i players più importanti del Paese hanno cominciato a contattare altre banche meno scrupolose nel seguire i dettami del G7. O, quantomeno, meno esposte all’estero e quindi meno ossessionate dall’avversione al rischio geopolitico.
Insomma, il silenzio tombale che continua ad accompagnare il cross del rublo ma anche e soprattutto le dinamiche energetiche russe – strettamente correlati – ci dimostra come la pantomima sanzionatoria potrebbe presto rivelarsi per ciò che è: una pericolosa arma a doppio taglio. E se qualcuno avesse ancora dubbi sul cambiamento di direzione del vento, giova sottolineare come i media abbiano bellamente ignorato uno dei leaks più interessanti fra quelli trafugati e diffusi: in base a notizie di intelligence Usa, il Governo di Kiev nel solo 2022 avrebbe speso almeno 400 milioni di dollari giunti attraverso i grants statunitensi per acquistare diesel. Dalla Russia. A rilanciare la notizia Seymour Hersh, il giornalista Premio Pulitzer che ha svelato i retroscena del sabotaggio di Nord Stream 2. Senza che nessuno abbia potuto smentirlo con dati alla mano. Ma tranquilli, c’è il piano Mattei. Andrà tutto bene. Come col Covid.
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