I numerosi articoli pubblicati su ilsussidiario.net a proposito della crisi finanziaria che, dopo la Grecia, sta mettendo in notevole difficoltà l’intera Unione Europea, hanno provocato moltissimi commenti dei lettori. Difficile farne una sintesi, vista la loro ampiezza sia per gli argomenti addotti, sia per gli stati d’animo sottostanti, che vanno dall’incertezza alla preoccupazione, fino allo sdegno per quanto sta succedendo. I commenti sul nostro sito tratteggiano, peraltro, le fasi che sembrano aver contrassegnato in generale l’opinione pubblica: sorpresa, rassegnazione, rabbia.
Sorpresa. Da ormai qualche anno ci si era abituati a una crescita dell’economia e dei mercati finanziari che sembrava senza fine, cui si erano accodati anche gli osservatori più prudenti che, al massimo, invitavano a evitare gli eccessi di euforia, poiché esisteva comunque la possibilità di “ritracciamenti”. Chi predicava inversioni di rotta veniva tacciato di catastrofismo, come nel caso di Nouriel Roubini soprannome “Dr. Doom”, cioè “Dr. Destino” o anche “Dr. Disastro”.
Inevitabile la sorpresa al realizzarsi dell’inversione, con lo scoppio dei famigerati mutui “subprime” e le successive ondate di “scoperte” sempre più drammatiche. Le reazioni furono quelle tipiche di chi è colto di sorpresa, cioè confuse e contraddittorie, con gli esperti scatenati in altrettanto contraddittorie analisi sulle cause della crisi e sulle sue possibili soluzioni. Cosa che si sta peraltro verificando anche nei confronti della crisi greca.
Gli economisti si sono finalmente ricordati che i cicli fanno parte dell’economia e la gente normale ha avuto la conferma che a un periodo di vacche grasse ne segue prima o poi uno di vacche magre e che l’importante è non farsi, appunto, cogliere di sorpresa.
Rassegnazione. Alla sorpresa è seguita in molti la rassegnazione, coscienti che le crisi non sono evitabili, ma che è importante capirne le cause e le modalità per uscirne al più presto. Qui è forse il problema maggiore: con il passare del tempo sembra crescere la portata della crisi e diminuire la capacità di delineare vie d’uscita consistenti da parte delle varie autorità, politiche e finanziarie.
La rassegnazione pare assumere sempre più aspetti negativi, anche se la speranza permane, una situazione che si può riassumere nella frase di Eduardo De Filippo: “ha da passà a nuttata”. In attesa che cessi l’uragano, ciascuno si ripara sotto il cornicione, apre l’ombrello e mette al riparo la famiglia, magari collaborando con i vicini di cornicione per una migliore protezione comune.
CONTINUA A LEGGERE – CLICCA QUI >>
Certo, sbirciando fuori dal proprio ombrellino si vedono aperti gli ombrelloni delle varie “caste” che popolano il Paese, politici, magistrati, sindacati, grandi imprenditori, ordini professionali e via dicendo, ma anche questo fa parte del panorama, diremmo quasi, naturale. Né ci si meraviglia di chi ritiene più efficace non aprire il proprio ombrello e cercare riparo sotto uno dei succitati ombrelloni.
Tuttavia, qualche disappunto che può sconfinare in rabbia c’è. Perché si può anche accettare rassegnati che a pagare i danni siano i soliti che non contano nulla, ma che i “soliti noti” non solo non paghino il conto, ma addirittura ci guadagnino sopra, come si dice stia accadendo, questo sembra un po’ troppo.
Rabbia. Di fronte a una catastrofe naturale ci si può disperare per le morti e le distruzioni che porta, ma non ci si indigna. Gli uomini non se la prendono con il terremoto, perché sanno che se decidono di vivere in una zona sismica, prima o poi un terremoto li colpirà. Si chiamano catastrofi naturali non solo perché vengono da fatti naturali, ma anche perché è “naturale” che avvengano.
Quando, però, si scopre che le morti e le distruzioni avrebbero potuto essere minori se si fossero rispettate le regole antisismiche, si fossero usati materiali non taroccati, si fossero fatte tempestivamente opere di restauro, cioè se si copre che l’incuria colpevole o dolosa dell’uomo ha aggravato le conseguenze del sisma, allora la rabbia prende il posto della rassegnazione.
È quanto sta avvenendo in Grecia, dopo la scoperta che i governi hanno falsificato i dati di bilancio, forse con il tacito consenso delle autorità europee, e che autorevoli istituzioni finanziarie hanno recitato due parti in commedia per trarre vantaggi economici dall’aggravamento della situazione.
Dai commenti dei nostri lettori traspare in filigrana questa successione di stati d’animo e il forte timore che la crisi sia ormai a livello endemico generale, a onta dei discorsi che la volevano limitata agli errori del modello anglosassone da cui la virtuosa Europa era salva. E risulta evidente una progressiva crisi di fiducia in esperti e autorità varie. Questo è senza dubbio il danno maggiore, perché senza fiducia non vi può essere sviluppo alcuno, economico o sociale che sia. Ricostituire questa fiducia è il compito più grande per tutti gli uomini di buona volontà, qualunque sia il loro ruolo.