Con RobotHeart, il 33esimo BI-MU in programma a Fieramilano fra il 12 e il 15 ottobre prossimi propone un nuovo modo di guardare alla robotica e all’automazione offrendo agli operatori del manifatturiero un appuntamento unico nel suo genere perché capace di aggregare costruttori, integratori, start-up e mondo accademico.A sancire il ruolo di RH come momento di aggiornamento e ragionamento sull’evoluzione futura della robotica applicata al mondo industriale è la partecipazione alla manifestazione di I-RIM, l’Istituto nazionale per la robotica e le macchine intelligenti, che aggrega tutti i principali attori del mondo accademico e della ricerca che si occupano di R&D in questo campo. Abbiamo intervistato Antonio Bicchi, presidente di I-RIM Institute for Robotics and intelligent Machines nonché ricercatore dell’Istituto italiano di tecnologia e professore di robotica all’Università di Pisa, sui trend che caratterizzano la ricerca nel suo campo, temi che saranno protagonisti dell’attività che I-RIM svolgerà in RobotHeart di BI-MU il prossimo ottobre.



Partiamo proprio da I-RIM. Quali sono le attività e gli obiettivi di questa associazione?

I-RIM è un progetto relativamente giovane ma che ha preso, fin dal suo abbrivio, un passo veloce. Nata nel 2019, conta oggi tra i suoi associati tutti i principali esponenti del mondo accademico e della ricerca che operano su robotica, automazione e macchine intelligenti. Gli obiettivi sono molteplici ma quello sui cui punterei l’attenzione, perché più direttamente connesso alla nostra partecipazione a BI-MU, è quello di favorire il dialogo tra mondo accademico e mondo dell’impresa che spesso utilizzano linguaggi differenti e, invece, hanno fortemente bisogno uno dell’altro. I-RIM opera per rendere comprensibile al mondo industriale, e dunque implementabile dalle aziende, quanto il mondo della ricerca studia e sviluppa. Si tratta di creare quel ponte necessario affinché la ricerca non resti chiusa nelle università e nei centri di ricerca ma possa svilupparsi sulla base delle esigenze del mondo industriale, mondo che è poi fondamentale per dare forma ai progetti, per trasformare i prototipi in produzione, anche seriale.



La robotica applicata al manifatturiero è un tema sempre più diffuso e visibile all’interno delle fabbriche. Quali gli sviluppi futuri che possiamo immaginare?

Il robot è ormai parte del paesaggio interno alle fabbriche. Non, di tutte certo, ma di molte. E la sua presenza ridisegna non solo le linee di produzione ma l’intera organizzazione dello stabilimento. La tendenza ora è quella di inserire robot di diversa tipologia all’interno degli impianti produttivi in risposta alle differenti esigenze. Dunque, non più solo robot industriali, che restano ovviamente quelli più diffusi e presenti, ma anche i robot collaborativi, una crescente presenza di robot di integrazione tra uomo e macchina e infine quelli definiti mobile.



Molto interessante questa classificazione… possiamo osservarli nel dettaglio. Partiamo dai cobot.

I collaborativi rappresentano sicuramente una delle nuove frontiere della produzione robotica. Al momento sono ancora poco diffusi rispetto al totale del parco robot installato. Non solo perché sono tecnologie più recenti di quelli industriali ma anche perché funzionano prevalentemente per attività dedicate a piccoli lotti e caratterizzate da elevato grado di flessibilità. Lavorano vicino all’operatore, lo aiutano, liberandolo dalle mansioni più pesanti ma, proprio perché sono accanto all’uomo, operano “lentamente” e sono adatti a operazioni che prevedono continua riconfigurazione. La vera sfida è ora quella di sviluppare cobot per produttività elevate da inserire anche su linee ove occorre rapidità e ripetitività di azione. In ogni caso non sostituiranno certo i robot industriali.

Cosa si intende invece per i robot di integrazione tra uomo e macchina?

Ciò su cui la ricerca sta lavorando, ormai da tempo, è lo sviluppo di soluzioni di automazione capaci di supportare l’uomo in presenza o anche a distanza. Si tratta di prodotti dotati di sistemi di programmazione rapidi, semplici e flessibili così da accorciare i tempi di set up e da permettere una veloce riconfigurabilità secondo l’esigenza del momento. In questo ambito rientrano quelli che noi chiamiamo i robot di servizio, un esempio sono gli esoscheletri che sono indossati dagli operatori di fabbrica per svolgere determinate mansioni. Vere e proprie soluzioni per migliorare l’ergonomia. Ma non solo … Fanno parte di questo mondo anche i robot che agiscono come avatar secondo le indicazioni fornite da remoto dagli operatori. In questo caso, l’aspetto davvero interessante è l’autonomia condivisa della macchina. Il vero responsabile dell’attività svolta dal robot avatar è l’operatore che la guida da distante ma la stessa macchina aiuta l’operatore fornendo indicazioni che rileva nel luogo in cui si trova.

Quali possono essere gli impieghi di questi robot guidati a distanza?

Nel mondo dell’industria possiamo immaginare l’impiego in particolari contesti ove la presenza costante dell’uomo non è necessaria oppure è soggetta a rischio per la sua sicurezza e incolumità. Ad esempio in quelle che vengono definite le dark factories.

“Dark factories” è un termine che spaventa quanti si occupano di industria e lavoro.

Occorre chiarire bene. I dati dimostrano che la robotica e l’automazione non determinano in assoluto la perdita di posti di lavoro. Sono invece strumenti che liberano l’uomo da mansioni pericolose, faticose o ripetitive. L’attività dell’uomo accanto alle macchine cambia e così cambiano le sue competenze che devono necessariamente crescere rendendo il suo lavoro più interessante e di contenuto più elevato. In alcuni contesti l’uomo può anche sparire ed ecco le dark factories, che già esistono. E ciò non è un male.

Mi fa un esempio?

Beh direi i data center. Si tratta di hangar ove risiedono server, macchine e dati. Sono luoghi chiusi, bui, gestiti da remoto. Qui l’automa, nel caso di interventi per guasti o sostituzioni di componenti può operare velocemente guidato da un uomo a distanza.

Veniamo ai “mobile robot”.

Possono essere su ruote su cingoli o su gambe. Quelli su gambe, per il momento, sono ancora pochi all’interno delle fabbriche. Sono invece già in uso nei cantieri ove sono impiegati per attività di ispezione oppure per trasporto materiale.I robot su cingoli sono la soluzione per la remotizzazione dell’attività delle macchine movimento terra o di altri grandi macchinari come ad esempio le gru. I robot su ruote sono invece quelli che più appartengono all’ambiente della fabbrica e sono impiegati ad esempio per la intralogistica. Qui oltre al trasporto di pezzi e oggetti vi è tutto il discorso dell’integrazione con la gestione dei flussi, del magazzino e dell’approvvigionamento del materiale. Attenzione in questo caso l’innovazione non sta solo nella macchina e nell’integrazione con i sistemi di gestione della fabbrica ma nel progettare un sistema costituito da più unità mobili autonome secondo un modello di gestione decentrato.

Perché dare autonomia a ciascuna unità mobile? Quali i vantaggi?

Ciascuno di questi robot che si muovono in fabbrica ha l’autonomia di operare nello spazio rispetto alla situazione. Grazie a un set preciso di regole date dall’uomo in fase di programmazione, ogni unità robotica è autonoma e sa cosa fare. Dunque, ha un “cervello” che le premette di svolgere la sua funzione senza intralciare il lavoro delle altre. I vantaggi rispetto ad un modello centralizzato su una sola macchina che controlla tutte le altre si concretizza nel poter disporre di un sistema agile, veloce e sicuro. Se si ferma un’unità le altre possono continuare a operare, se si verifica un problema di cyber attack sarà su un’unità e non su tutte.

I-RIM parlerà di questo a RobotHeart di BI-MU?

Certamente. Di questo e di molto altro. La ragione per cui abbiamo aderito con entusiasmo a questo progetto è la volontà di stringere un legame ancora più stretto con il mondo industriale.

Vuole dirci quali saranno le vostre attività durante RobotHeart?

Qui svolgeremo la nostra Conferenza annuale che è poi il momento di aggiornamento per tutti i ricercatori e gli studiosi impegnati su questi temi. Ma non solo. Realizzeremo anche una serie di incontri di presentazione delle idee più innovative sviluppate dalle start-up e delle spin-off nostre associate che possono essere di interesse per il mondo dell’industria rappresentato a BI-MU. E poi richiameremo gli studenti che vengono dal mondo delle università e della ricerca per mostrare loro il grande patrimonio di conoscenza che hanno le imprese italiane. Con questa iniziativa – che beneficia di una location perfetta quale è Milano, al centro del sistema manifatturiero del paese – speriamo di convincere i nostri giovani cervelli a fermarsi qui, nella Pianura Padana, anziché prendere il primo volo per la Baviera o il Baden Württemberg.

(A cura di Claudia Mastrogiuseppe, responsabile direzione relazioni esterne UCIMU)

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