Ora è certificato. Una delle espressioni più utilizzate dall’Onu e da varie organizzazioni internazionali, “salute riproduttiva”, significa letteralmente qualcos’altro: «aborto legale». Lo ha dimostrato Michel Schooyans, autorità mondiale in materia di studi demografici.
Docente di Filosofia politica all’università cattolica di Lovanio, in Belgio, Schooyans è stato visiting professor in vari atenei del mondo e autore di una ventina di libri tradotti in numerose lingue. Ha anche il raro privilegio di essere stato stimato da due pontefici.
Infatti uno dei suoi testi, Il nuovo disordine mondiale (San Paolo), presentava la prefazione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, mentre Giovanni Paolo II consigliava ai collaboratori più stretti la lettura dei suoi volumi, come svela il defunto cardinal López Trujillo nella prefazione a Terrorismo dal volto umano, documentatissimo saggio in uscita per i tipi dell’editore Cantagalli.
Lungo queste pagine, infarcite di citazioni di documenti delle agenzie internazionali, l’autore ha il merito di mostrare le radici profondamente antiumane e razziste delle politiche demografiche che vanno per la maggiore nei corridoi dell’Onu, dell’Oms e via dicendo.
Tutto inizia negli anni Sessanta, quando si afferma la mentalità neo-malthusiana del Club di Roma tanto cara all’editorialista del Corriere della Sera Giovanni Sartori, quella visione secondo la quale nel mondo siamo in troppi e i primi che devono togliersi di mezzo, limitando le nascite, sono i poveri del Terzo mondo. E qui scende in campo l’artiglieria pesante del pensiero progressista, l’Alan Guttmacher Institute, la Planned Parenthood Federation et similia.
Il germe delle future politiche internazionali per il controllo demografico consta – scrive Schooyans – nel cosiddetto Memorandum di Jaffe, dal nome del presidente del Guttmacher dal 1968 al 1978: un testo, datato 11 marzo 1969, che presenta le modalità concrete per limitare le nascite nelle nazioni sottosviluppate, parlando esplicitamente della necessità di «incoraggiare l’aumento dell’omosessualità, ristrutturare la famiglia, tasse sostanziali sul matrimonio e sul bambino, tassare di più le persone sposate rispetto ai celibi, sterilizzazione obbligatoria per tutti coloro che hanno due figli».
Analizza Schooyans: «Abbiamo visto realizzarsi nella pratica tutti i punti del programma esposto da Jaffe: l’aborto è stato ampiamente legalizzato; la sterilizzazione su larga scala è diventata fatto corrente, spesso patrocinato dai poteri pubblici; l’omosessualità beneficia sempre di più di uno stato legale; la caduta della fecondità, le sue cause e le sue conseguenze vengono sistematicamente nascoste».
Schooyans rintraccia lo slittamento delle posizioni demografiche antinataliste dalle organizzazioni private pro-aborto (Planned Parenthood, Guttmacher eccetera) a istituti pubblici come l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) o l’Unfpa, l’agenzia dell’Onu per le attività di popolazione. La quale, curiosamente, destina più denaro alla voce “salute riproduttiva” che alle misure per lo sviluppo reale dei paesi poveri.
Un esempio di questa “trasmigrazione” concettuale attraverso persone concrete è Nafis Sadik, dottoressa pachistana. Negli anni Sessanta è lei a curare la diffusione in Pakistan e Asia del pensiero di Bernard Berelson, presidente del Population Council, un centro antinatalista, che lavora insieme con il sopracitato Jaffe. Dal 1987 al 2000 riveste la carica di direttrice esecutiva dell’Unfpa, mentre nel 1994 è segretario generale della Conferenza del Cairo sulla popolazione, quella dove solo grazie all’azione della Santa Sede l’aborto non fu inserito tra i metodi di controllo delle nascite.
(Lorenzo Fazzini)