Il piano della Protezione civile per il Vesuvio si basa sulla previsione che possano ripetersi oggi le eruzioni più devastanti nella storia del vulcano: quella più recente del 1631, quella del 472 o quella del 79 che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia. La situazione oggi è molto simile a quella che precedette quegli eventi catastrofici. Le eruzioni del Vesuvio esplodono infatti con la massima potenza nei periodi successivi alle fasi di quiescenza, come quella in cui si trova attualmente dall’ultima eruzione del 1944. In altre parole, il documenti pubblicati sul sito della Protezione civile specificano Alla luce del comportamento passato si prevede che, “qualora l’attività dovesse riprendere entro qualche decennio, la prossima eruzione sarebbe di tipo sub-pliniano”. Cioè assomiglierebbe in tutto e per tutto all’eruzione del 472.
Da brivido lo “Scenario dei fenomeni attesi” delineato dalla Protezione civile, che “prevede in questo caso la formazione di una colonna eruttiva alta diversi chilometri, la caduta di bombe vulcaniche e blocchi intorno al cratere e di particelle di dimensioni minori (ceneri e lapilli) anche a diverse decine di chilometri di distanza, nonché la formazione di flussi di lava fusa che scorrerebbero lungo le pendici del vulcano per alcuni chilometri”. Su queste basi, la Protezione civile due settimane fa ha quindi aggiornato lo Scenario dei fenomeni attesi, anche se il documento è ancora tenuto segreto perché servirà per elaborare il nuovo Piano di emergenza.
Un documento cioè che prevede azioni differenziate zona per zona, in base ai diversi livelli di rischio. Elaborato dalla comunità scientifica, il Piano di emergenza attualmente in vigore individua tre aree a diversa pericolosità , definite zona rossa, gialla e blu. Conforta comunque sapere che l’eruzione del Vesuvio non sarà improvvisa, ma sarà preceduta da una serie di “fenomeni precursori” tenuti sotto controllo 24 ore su 24 dalla sezione di Napoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Il piano nazionale d’emergenza individua quattro livelli di allerta successivi: base, attenzione, preallarme, allarme, ai quali corrispondono fasi operative successive, che scandiscono i tempi degli interventi di protezione civile per mettere in sicurezza la popolazione e il territorio.
Zona Rossa. L’intera zona rossa sarà evacuata, trasferendo in aree sicure la popolazione dei 18 Comuni che si trovano al suo interno, per un totale di circa 200 kmq di estensione e poco meno di 600 mila abitanti. La zona rossa è l’area immediatamente circostante il vulcano, ed è quella a maggiore pericolosità in quanto potenzialmente soggetta all’invasione dei flussi piroclastici, ossia miscele di gas e materiale solido ad elevata temperatura che, scorrendo lungo le pendici del vulcano ad alta velocità, possono distruggere in breve tempo tutto quanto si trova sul loro cammino. Si prevede che i flussi piroclastici si dirigeranno in una o più direzioni preferenziali, ma non è possibile conoscere preventivamente quali saranno le zone effettivamente interessate. La rapidità con la quale si sviluppano tali fenomeni, associata al loro potenziale distruttivo, non consente però di attendere l’inizio dell’eruzione per mettere in atto le misure preventive. Quindi il piano nazionale d’emergenza prevede che la zona rossa sia del tutto evacuata prima dell’inizio dell’eruzione.
Zona Gialla. La zona corrisponde a tutta l’area che potrebbe essere interessata dalla ricaduta di particelle piroclastiche (ceneri e lapilli), il cui peso è sufficiente per fare crollare i tetti degli edifici. La ricaduta di particelle inoltre può causare problemi alle vie respiratorie, in particolare in bambini, anziani e malati, bloccando la circolazione aerea, ferroviaria e stradale. Si prevede che, come accadde nel , solo il 10% della zona gialla sarà effettivamente coinvolto dalla ricaduta di particelle, subendo danneggiamenti. Pertanto, su 1 milione e 100mila persone che vi abitano, circa 110mila saranno coinvolte dall’emergenza. Anche in questo caso tuttavia non è possibile conoscere preventivamente quale sarà la zona interessata, in quanto dipenderà dall’altezza della colonna eruttiva e dalla direzione e velocità del vento al momento dell’eruzione. Diversamente da quanto accadrà per la zona rossa però, i fenomeni attesi nella zona gialla diventeranno pericolosi per la popolazione solo trascorso un certo periodo di tempo. Sarà quindi possibile procedere con l’evacuazione della popolazione anche dopo l’inizio dell’eruzione.
La zona gialla comprende 96 Comuni delle Province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno per un totale di circa 1.100 chilometri quadrati.
Zona Blu. La zona blu è quella parte della zona gialla soggetta a un agente di pericolosità ulteriore. Corrisponde infatti alla “conca di Nola” che, per le sue caratteristiche idrogeologiche, potrebbe essere soggetta a inondazioni e alluvioni oltre che alla ricaduta di ceneri e lapilli. La zona blu include 14 Comuni della Provincia di Napoli, per un totale di 180mila abitanti.
Un’ulteriore distinzione è quella in base ai quattro livelli di allerta.
Livello base. Il livello di base è quello attuale: uno stato di attività caratterizzato da assenza di deformazioni del suolo, bassa sismicità, assenza di significative variazioni del campo di gravità, valori costanti di temperatura e di composizione dei gas fumarolici.
Fase di attenzione. Al verificarsi di variazioni significative dei parametri fisico-chimici del vulcano, è previsto che l’Osservatorio Vesuviano informi il Dipartimento della Protezione Civile che, consultati i massimi esperti del settore riuniti nella Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi, stabilisce l’eventuale passaggio alla fase di attenzione. In questa fase la gestione di eventuali interventi è affidata al Centro Coordinamento Soccorsi (CCS) istituito presso la Prefettura di Napoli. I sindaci dei Comuni interessati vengono supportati per avviare la propria organizzazione logistica e provvedere all’informazione alla popolazione.
Fase di preallarme. In questa fase il controllo delle operazioni passa al livello nazionale, viene dichiarato lo stato di emergenza, nominato un Commissario delegato, convocato il Comitato Operativo della Protezione Civile. Le forze dell’ordine e i soccorritori si posizionano sul territorio secondo piani prestabiliti. In questa fase anche la popolazione viene coinvolta: coloro che vogliono allontanarsi, possono farlo senza il timore di lasciare incustodite le proprie case, in quanto è già attivo un presidio di vigilanza. I residenti delle zone a rischio possono raggiungere una propria sistemazione autonoma. Il territorio viene progressivamente presidiato dai soccorritori. Le strutture sanitarie vengono evacuate in anticipo rispetto alla popolazione e si avviano anche le azioni per la salvaguardia dei beni culturali.
Fase di allarme. Indica che gli esperti ritengono ormai quasi certa l’eruzione, la quale potrebbe verificarsi nell’arco di alcune settimane. L’intera zona rossa viene evacuata e la popolazione dei 18 comuni è trasferita in aree sicure. Sul territorio saranno già attivi i Centri Operativi Misti (COM), previsti dal piano nazionale d’emergenza, per coordinare le attività a livello locale. Il piano prevede che, nel tempo massimo di 72 ore, i 600mila abitanti della zona rossa vengano allontanati, secondo le indicazioni specifiche contenute nei singoli piani d’emergenza comunali. Ciascuno dei 18 Comuni dell’area vesuviana è gemellato con una Regione italiana deputata ad ospitare la popolazione della zona rossa a lungo termine. Completata l’evacuazione, anche i soccorritori ripiegano nella zona gialla, mentre le forze dell’ordine dispongono una cintura di sicurezza sui confini della zona rossa. Nel momento in cui l’eruzione ha inizio, inizia il trasferimento degli abitanti della zona gialla interessato dalla ricaduta di particelle.
(Pietro Vernizzi)
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