La crisi non si limita a fare danni sul fronte strettamente economico, falcidiando stipendi, potere d’acquisto o posti di lavoro; secondo la relazione presentata dai Servizi segreti italiani in Parlamento, relativamente al 2011, sta seriamente mettendo a rischio la sicurezza del nostro Paese da molteplici punti di vista. Anzitutto, secondo gli 007, determina un cima tale per cui si stanno generando favorevoli opportunità di radicalizzazione del disagio sociale, ove attecchiscono e proliferano con una certa facilità i movimenti anarco-insurrezionalisti che tendono a «infiltrarsi nelle manifestazioni di protesta» per provocare disordini a incidenti. La crisi, inoltre, sta mettendo a repentaglio l’italianità dei nostri prodotti e, in particolare, sta rendendo il made in Italy preda dei Paesi stranieri. Il nostro tessuto imprenditoriale, infatti, è decisamente più vulnerabile allo spionaggio industriale, specialmente da parte di alcuni Paesi dell’Est. I settori più colpiti sono quelli dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia. Il che potrebbe sortire effetti decisamente negativi sulla nostra capacità di essere competitivi. Alcuni rischi giungono anche dal’Asia dove gli operatori economici, data la nostra attuale difficoltà, potrebbero implementare i propri piani di investimenti. Vi sono, specialmente, diverse banche asiatiche che potrebbero erodere fette di mercato del nostro sistema. Cresce anche l’allerta mafia. La criminalità organizzata intende sfruttare il periodo di incertezza per espandere la propria area di influenza verso le regioni più ricche del nord e del centro. E’ probabile che incrementino, oltre alle proprie attività criminali, la propria rete di relazioni e contatti per poter contare sempre di più nelle decisioni in ambito territoriale. Rimane all’ordine del giorno il pericolo terrorismo. Potenzialmente l’Italia resta un obiettivo dello jihad. Significativo, in tal senso, che quando vi furono le alluvioni in Liguria, si ravvisano sul web messaggi di esultanza. E’ stato, inoltre, reputato indicativo il fatto che in un appello a colpire bersagli facili «siano stati citati come esempi i due noti episodi occorsi al Sommo Pontefice e all’ex premier Berlusconi».
Fanno, inoltre, ancora paura i reduci delle Brigate Rosse, o i nuovo attratti da una tale ideologia. Benché numericamente ridotti, potrebbero trovare nella crisi nuova linfa. Secondo i nostri servizi, la situazione è estremamente precaria anche in Afghanistan, dove il nostro contingente rischia continuamente di essere minacciato e di divenire oggetto di attacchi.