La giustizia italiana ha messo a segno un altro importantissimo colpo, ai danni della criminalità organizzata. I carabinieri sono riusciti a mettere le manette ai polsi a Carmine Schiavone, figlio di Francesco, meglio noto come Sandokan, il boss dei Casalesi, in prigione dal luglio del 1998, e tuttora considerato il numero uno del clan. Carmine, detto Carminotto o Staffone, è stato trovato con 8mila euro di contanti in tasca. Quando è scattata l’operazione, si trovava ad Aversa, in un locale notturno, assieme ad altre persone tra cui il titolare. In particolare, pare che si trovasse all’interno del locale “Il Caino”, in pieno centro, e che stava presenziando ad una riunione con degli esponenti della mafia locale. Non appena ha capito che le forze dell’ordine lo stavano braccando, ha tentato di fuggire da un’entrata secondaria. I militari lo hanno seguito per circa un’ora, a piedi, tra i vicoli. «Siete stati bravi», ha dichiarato ai militari della caserma di Casal di Principe, quando, alle fine, sono riusciti ad arrestarlo. Poi, uscendo dalla caserma per essere trasportato in carcere, ha lanciato un bacio in direzione delle telecamere. Su Carmine, considerato l’attuale reggente, pendono le accuse di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il fermo emesso dai pm Antonello Ardituro, Giovanni Conzo e Cesare Sirignano della Direzione distrettuale antimafia di Napoli fa riferimento ad una tentata estorsione ai danni di un imprenditore di Aversa a cui Schiavone, poco prima di Natale, aveva avanzato una richiesta di 10mila euro di pizzo.  Il tenente Michele Centola, comandante della compagnia dei carabinieri di Casal di Principe, si è detto convinto del fatto che si tratti di un durissimo colpo nei confronti della Camorra. Ha auspicato, inoltre, che sia l’ultimo e che la gente obbligata a pagare il pizzo si convinca di come convenga denunciare le estorsioni. Proprio nelle ore in cui i carabinieri arrestavano Carmine, i cui fratelli Ivanhoe, Emanuele e Nicola sono già finiti in carcere con diverse accuse, la Direzione investigativa antimafia di Roma stava sequestrando due milioni di euro di beni appartenenti alla famiglia D’Alterio, ritenuta contigua al clan dei Casalesi.



In particolare, il Tribunale di Latina, su suggerimento del direttore della Dia, ha disposto il sequestro di beni mobili e immobili localizzati a Fondi, Sperlonga, Formia, Sezze e Latina. Si tratta, nel dettaglio, di terreni, fabbricati, e società di trasporto.

 

 

 

 

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