Lele Mora dopo il carcere. L’impresario dei vip, che ha trascorso più di un anno, esattamente 407 giorni, in galera per bancarotta fraudolenta, ha deciso di raccontare la sua visione delle cose, anzi “La mia verità”. E’ così infatti che si intitola il libro autobiografico presentato oggi a Milano, più precisamente La mia verità”: i 407 giorni di reclusione che gli hanno cambiato l’esistenza”. Nel corso della presentazione ha risposto a molte domande: parlando di Fabrizio Corona, suo ex partner di affari, lo ha definito una persona malata tra le altre cose di disturbo bipolare. Lele Mora precisa di averne parlato con le persone che lo conoscono e sottolinea di sperare che qualcuno che gli vuole bene riesca a convincerlo a farsi curare. E’ però contrario alla pena detentiva a cui è stato condannato il fotografo dei vip: la pena che gli hanno dato per il caso Trezeguet è esagerata, ha detto. “Con lo stesso criterio dovrebbero arrestare tre quarti dei direttori dei giornali e dei fotoreporter. Non chiamiamolo ricatto, a volte è meglio fare uno scambio. Ha fatto solo il suo lavoro, magari in maniera arrogante, ma sono tanti che lo hanno fatto e che lo faranno. Accadeva anche all’epoca di Gianni Agnelli”. Gli è poi stato chiesto di quale tipo oggi siano i suoi rapporti con Silvio Berlusconi (Lele Mora è infatti coinvolto nello scandalo dei festini a Villa Arrcore) e ha detto di non vederlo e di non sentirlo dal 7 gennaio 2011. Quel giorno, ha raccontato, gli portò una bicicletta rivestita in pelle da un suo fan. Lo considera però tutt’oggi un grande uomo e una persona intelligente: “Ma come capita spesso ai re, è un uomo molto solo che si è circondato di persone sbagliate. Forse, per un periodo, anch’io sono stato una persona sbagliata” ha detto. Ha detto però di non averlo mai votato nella sua vita, spiegando di preferire tra i politici Matteo Renzi: “mi avrebbe fatto piacere se avesse vinto le primarie del Pd. Ratzinger ha detto che c’è bisogno di un papa giovane, io penso che abbiamo bisogno anche di un premier giovane”.



Tornando al libro, come si deduce dal titolo, racconta la dura esperienza in carcere. Eccone un passaggio: È vero non c’erano i vetri e mettevo la plastica, guardi le mie mani mi è venuta l’artrite deformante. I vetri non li mettono in certi posti, soprattutto in isolamento, li tolgono per evitare che le persone possano causarsi delle lesioni”.

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