Ai numeri impressionanti degli incidenti stradali che i telegiornali forniscono ogni volta che ne avviene uno mortale, si deve ora aggiungere quello che ha coinvolto a Monza la vita di un ragazzo quindicenne, di sua madre e di altre tre persone. Elio Bonavita è morto, la sua mamma è ricoverata in ospedale in condizioni critiche, gli altri sono stati feriti in modo più lieve. Il conducente dell’auto che ha causato il disastro per non aver rispettato uno stop, si è dato alla fuga; ieri si è costituito.
E’ comprensibile che l’associazione dei parenti di chi è rimasto ucciso in strada, di chi ha visto i responsabili di quel loro dolore cavarsela con pene irrisorie, ritorni a chiedere una giustizia che è stata finora inadeguata. L’appello che non da oggi si è levato è stato accolto da Cosimo Ferri, sottosegretario del ministero della Giustizia, il quale ha esposto in modo tempestivo le linee di un testo base al quale si sta lavorando in Commissione al Senato.
“Introdurre l’omicidio colposo stradale e le lesioni colpose stradali come reati autonomi è importante per prevedere nuove più pesanti pene maggiormente adeguate alla gravità di simili fatti, e per dare un efficace messaggio educativo e culturale sulla pericolosità della guida dei veicoli e sull’importanza del rispetto delle norme del codice della strada per tutelare beni supremi quali la vita e l’incolumità fisica. E’ fondamentale, inoltre, porre in essere un programma di prevenzione, informazione e sensibilizzazione per sensibilizzare tutti all’importanza della guida sicura e per garantire la sicurezza stradale”. L’inasprimento delle pene, si precisa, non potrà non comprendere anche l’introduzione del cosiddetto “ergastolo della patente”, cioè la revoca a vita della licenza di guida a chi sia stato giudicato colpevole.
Ma nel frattempo, chi potrà colmare la disperazione e la rabbia di un padre che ha cresciuto un figlio, l’ha incoraggiato a giocare a calcio, e che ora gli viene tolto in modo così improvviso e atroce, proprio mentre si stava recando a disputare una partita con i suoi amici? Ha ragione Mauro Sala, il dirigente sportivo della squadra di Elio: “Come padre posso solo dire che non ci sono parole”.
Un attimo di silenzio prima di tutto. E’ qui che si vede che cosa sia l’uomo, dopo ogni istantanea reazione, anche dei pugni dati alle auto coinvolte, come registra la cronaca.
Un attimo di silenzio, perché davanti alla morte in ogni caso, e ancor più davanti alla morte di un ragazzo, ogni uomo si trova vicino a ciò che è più grande di lui, dei suoi sogni, delle sue speranze e del suo stesso dolore. In quell’istante di pausa, avvertita o no, che ferma l’anima e il corpo su un fatto così duro come la morte, in questo istante sospeso sul limite della vita una lama di luce può trafiggere anche la disperazione. Noi speriamo che accada anche questa volta.
Le parole vere sono quelle che possono stare davanti alla morte, e sono poche.
“Lieta è la vita, o Signore, e finisce”. La liturgia ambrosiana ci presta quelle che non sapremmo dire da soli, parole che uniscono il limite cui tutti siamo sottoposti al bene di cui tutti partecipiamo.