Un militante dell’ISIS vive a poca distanza dall’Italia ed è pericolosissimo. Ad intervistare Yunis sono state Le Iene Show, che lo hanno incontrato in Belgio. Qui vive e cammina liberamente, nonostante sia apertamente un reclutatore dei foreign fighters. Fa parte infatti del sito Sharia for Belgium, che si occupa di reclutare i militanti per combattere in Siria. Alle domande dell’inviato, sul perché l’ISIS metta in atto le stragi, Yunis ha sottolineato come siano una risposta agli omicidi di cui è responsabile l’Occidente. L’ISIS risponderebbe quindi solo per contrastare le uccisioni messe in atto dai nostri Paesi. Durante l’intervista de Le Iene Show, Yunis ha inoltre rivelato quale sia l’addestramento a cui si sottopongono le reclute, dal contatto con le bombe, che avviene nella prima settimana, fino al possesso della prima arma. Riferisce inoltre che le autorità lo hanno arrestato e fra un mese andrà in galera come militante dei foreign fighters. Nonostante questo, non c’è alcuna traccia di pentimento nelle sue parole. Clicca qui per vedere il servizio de Le Iene Show. [Aggiornamento a cura di Morgan K. Barraco]



Si parlerà di foreign fighters in uno dei servizi de Le Iene Show, in onda eccezionalmente di martedì su Italia Uno, realizzato da Marco Maisano. Letteralmente “combattenti stranieri”, sono diverse migliaia i giovani che hanno deciso di abbandonare la loro precedente vita in Europa per fare proprie le battaglie dell’Isis in Iraq e in Siria. In rapporto alla popolazione, il Belgio è una delle nazioni con la percentuale più alta di aspiranti terroristi che hanno deciso di unirsi al sedicente Stato Islamico. Una propensione, quella manifestata dai ragazzi belgi, che la iena Maisano cercherà di spiegare recandosi a Bruges dove incontrerà un ragazzo che alcuni anni fa ha deciso di radicalizzarsi e partire alla volta della Siria. Nel servizio de Le Iene Show, però, verrà ascoltata anche la “controparte”: Maisano infatti intervisterà un uomo il cui mestiere è proprio quello di “de-radicalizzare” i soggetti a rischio e che gli descriverà l’attuale situazione in Belgio.



Il problema dei foreign fighters, come ricorderà la puntata odierna de Le Iene Show, non è nuovo in Belgio. Giovani che scelgono di radicalizzarsi e di partire alla volta dell’Iraq o della Siria per dar manforte alle truppe del Califfato Islamico. Ma la domanda che assilla molti degli osservatori è sempre la stessa: perché proprio il Belgio? Molte delle colpe vanno forse attribuite all’organizzazione terroristica Sharia4Belgium, smantellata nel 2008, che per anni si è occupata di reclutare giovani belgi e di inviarli nei campi di addestramento di al Qaida in Medio Oriente. Il perfetto foreign fighter, di solito, cresce in un contesto in cui la comunità musulmana non è integrata, la disoccupazione giovanile è alle stelle, la facilità di reperire armi sconvolgente e il lavoro delle forze dell’ordine poco efficace: tutti fattori che in Belgio sono presenti. Tanti ragazzi, però, non hanno problemi economici alle spalle: c’è una larga fetta di foreign fighters radicalizzati per “idealismo”. Sono le vittime della violenta propaganda islamista sulla rete, i ragazzi che rispondono al loro senso di ribellione associandogli un motivo politico.



Se c’è un posto dove andare a cercare un potenziale foreign fighter in Belgio, questo è Molenbeek. Comune-qurtiere della capitale Bruxelles, qui vivono 100mila persone, in gran parte provienienti dal Nord Africa. Secondo alcune stime il 30% degli abitanti è musulmano, ma stando alle 22 moschee presenti nel quartiere, sembra di capire che questi numeri andrebbero riaggiornati. Ed è a Molenbeek che le forze speciali anti-terrorismo del Belgio hanno cercato casa per casa gli autori dell’attentato del 13 novembre a Parigi: sapevano che, come già era avvenuto in passato, anche stavolta alcuni dei jihadisti erano stati reclutati nelle caotiche vie di Molenbeek. Sì, ma perché proprio il Belgio e Molenbeek? La risposta non è così scontata: innanzitutto il fattore religioso non può essere ignorato. La maggior parte dei terroristi provenienti dal quartiere a ovest di Bruxelles è stato reclutato in un luogo di di culto. Secondo Jan Jambon, Ministro degli Interni belga, ad acuire il problema vi è anche il modo in cui Bruxelles è organizzata: ci sono 19 sindaci di quartiere e altrettanti dipartimenti di polizia che spesso non si scambiano informazioni. A questo bisogna aggiungere il fatto che spesso i cittadini radicalizzati non sono immigrati, ma belgi originari da famiglie belghe e quindi più difficili da immaginare come potenziali terroristi. Ma il problema dei foreign fighters, come chiarito dallo stesso Jambon durante un forum organizzato da Politico Europe, è parte dell’essenza stessa del Belgio e ha a che fare con le divisioni tra le persone che parlano francese e quelle che parlano fiammingo. Si cela nel mancato senso d’appartenenza alla nazione la minaccia maggiore alla sicurezza del Belgio?