Sul finestrino del vagone della metropolitana, ripassata più volte in modo che sia ben leggibile, la scritta a lettere maiuscole: “NOIA”. Difficile sia opera di un pendolare, anche se la noia la provano anche loro su quei vagoni stracolmi nelle ore di punta. No, è più facile che sia opera di ragazzi, studenti delle superiori probabilmente. La scritta è ben fatta, le lettere ben arrotondate. Lavoro preciso, urgenza di esprimere chiaramente quello che si prova: noia.



Quanta noia c’era al liceo Russell sulla Tuscolana a Roma, durante la settimana di “didattica alternativa”, in sostanza quella che noi negli anni 70 chiamavamo “settimana alternativa”? Era una grande conquista, pensavamo a 16, 17 anni, la scuola finalmente era tutta nostra, via i professori e la loro “noia”, largo al nostro entusiasmo. Quello che ricordo di più in quelle settimane alternative era lanciare i libri dalla finestra della biblioteca sui passanti, gli spinelli e i fiaschi di vino rosso,



Quarant’anni anni dopo tutto si ripete uguale, in modo inquietante. Una ragazza di 15 anni del liceo Russell collassa mentre sta scendendo le scale dell’istituto, Soccorsa dall’ambulanza, si capisce che si è sentita male per “abuso di alcol”. Arriva in ospedale in codice rosso, è molto grave dicono, in coma etilico. Alla scuola invece arriva la polizia: pare abbiano trovato un po’ di tutto, oltre i fiaschi di vino: pillole di Xanax, un anti depressivo che in forti dosi fa sballare, e spinelli. Il preside annuncia la sospensione della settimana di didattica alternativa e attacca: “Vogliamo sapere come sia stato possibile far entrare prodotti alcolici nella scuola senza che nessuno si sia reso conto di nulla”, afferma il presidente Carlo Rienzi. “La settimana della didattica alternativa in corso nell’istituto, infatti, non consente certo di violare le regole scolastiche né agli studenti di adottare comportamenti pericolosi”.



Già, ci saranno sicuramente dei responsabili magari anche fra i docenti che durante queste settimane sono presenti a scuola. Ma forse erano annoiati anche loro per accorgersene. Ma è importante? 

Qualcuno pensa davvero che ragazzini di meno di 18 anni possano autogestirsi da soli (anche quelli di vent’anni peraltro; come diceva Francesco Guccini in una sua nota canzone, “a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età”)? Davvero non sa quel preside che arrivano adulti (succedeva anche negli anni 70) da qualche centro sociale, da qualche gruppo politicamente impegnato a “gestire” gli studenti? E anche spacciatori?

Che tenerezza quando vedi questi ragazzini sfilare in manifestazione, non sanno neanche perché lo fanno, quasi tutti si imbucano nei negozi o al parco.  Perché la noia, fuori e dentro la scuola, è tanta, ma proprio tanta, anche se loro inizialmente ci credono a quello che stanno facendo. Sentono l’impellente e sacrosanto desiderio di essere adulti. Ma non si diventa adulti lasciati da soli ad “autogestirsi”. 

“Compagno di scuola” era una bellissima canzone di Antonello Venditti che ricordava amaramente i sogni sfumati del 68. E’ incredibile che nel 2017 certe parole abbiano ancora una attualità: Compagno di scuola, compagno per niente ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?”. Non si può essere “compagni per niente”, è orribile vivere il niente in quella che è l’età più bella della vita, dove i desideri e le speranze dovrebbero fiorire. E’ non è vero caro Antonello che ci si salva non entrando in banca. Ci si salva solo se qualcuno che ti vuole bene ti fa compagnia.