I tentacoli delle mafie si sono spinti fino alle scommesse online. Sono 68 le persone finite in manette nell’ambito di una maxi operazione portata a termine in Calabria, Puglia e Sicilia. Un filone di questa maxi indagine si chiama Revolutionbet e riguarda in particolare Catania. Secondo quanto sostiene l’accusa, Carmelo, Giuseppe Gabriele e Vincenzo Placenti, facenti parte della famiglia Santapaola-Ercolano, si erano di fatto impossessati del mercato regionale dello scommesse proprio attraverso il sito Revolutionbet, attraverso una rete commerciale di 8 master, come scrive lagazzettasiracusana.it, “con 28 commerciali, 7 sub-commerciali e 20 presentatori”. Grazie alla scoperta di tale giro illecite di scommesse, le forze dell’ordine hanno potuto sequestrare 42 unità immobiliari e 36 società commerciali, tra cui una squadra di calcio militante nel campionato di promozione. Numerose le abitazione confiscate, compresa una villa sul mare ad Augusta e non censita, e un appartamento di 11 locali nei pressi di Roma, e perfino 5 appartamenti a Vienna e Innsbruck. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



IL COMMENTO DI SALVINI

«68 mafiosi che controllavano le scommesse online arrestati, e beni per un miliardo di euro sequestrati!», scrive il Ministro degli Interni Matteo Salvini su Twitter dopo la maxi operazione contro diversi gruppi di Mafie al Sud, con chiusura d’ordinanza ormai per il vicepremier «bene, avanti così!». Le parole del procuratore nazionale antimafia, Cafiero De Raho, oltre a porre l’attenzione sulla “fluidità” dei nuovi gruppi mafiosi, si sofferma sulle ripercussioni sempre più gravi per il Sud Italia di questa criminalità organizzata e diffusa: «La politica presti attenzione alle infiltrazioni delle mafie nel settore dei giochi e delle scommesse perché altrimenti l’Italia non sarà in grado di decollare» e il Sud «continuerà ad essere la zavorra dell’economia del Paese». Secondo il procuratore proprio in questo settore iper-diffuso vi sono diverse criticità in merito al difficile controllo e vigilanza, con l’effetto immediato che le criminalità «si infiltrano e fanno tutto ciò che crea danno all’economia sana». (agg. di Niccolò Magnani)



L’INTERCETTAZIONE: “MI SERVE CHI CLICCA NON CHI SPARA”

Le scommesse online hanno permesso alle mafie d’Italia di introitare in maniera illecita un quantità ingente di denaro. Le forze dell’ordine hanno scoperto un giro di 4.5 miliardi di euro, tanto era il denaro gestito dalle cosche malavitose di Calabria, Sicilia e Puglia. Agli atti dell’inchiesta vi sono anche alcune intercettazioni con protagonisti gli esponenti della criminalità organizzata: «A noi servono quello che cliccano e non quelli che sparano», dice un mafioso parlando con un collega, «Io cerco i nuovi adepti nelle migliori università mondiali e tu vai ancora alla ricerca di quattro scemi in mezzo alla strada vanno a fare così: ‘bam bam!. Io invece – aggiunge l’uomo – cerco quelli che fanno così: ‘pin pin!!’. che cliccano, quelli che cliccano e movimentano. E’ tutta una questione di indice, capito?». Un piano criminoso che mostra l’evoluzione della mafia negli anni, che ha sempre saputo mettere i suoi lunghi tentacoli sugli affari più redditizi, rimanendo al passo con i tempi. 68 le persone finite in manette a seguito di un maxi blitz che ha coinvolto centinaia di agenti di carabinieri, polizia e guardia di finanza, con l’aiuto anche dell’Eurojust, la polizia internazionale. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



IL RUOLO DI MICO TEGANO

Le mafie d’Italia aveva messo le loro mani su un giro di scommesse online dal valore superiore ai 4.5 miliardi di euro. Il sistema fraudolento è stato scoperto in queste ore dalle forze dell’ordine del Bel Paese, che tramite una maxi operazione congiunta hanno arrestato 68 persone e confiscati beni mobili e immobili del valore di più di un miliardo di euro. Fra gli arrestati, come scrive Il Fatto Quotidiano, vi è anche Domenico Tegano, detto “Mico”, figlio del boss don Pasquale che sta attualmente scontando l’ergastolo dopo una lunga latitanza. Mico Tegano è il suo primo figlio ed era ovviamente già noto alle forze dell’ordine per aver terrorizzato il reggino con spaccio, risse, estorsioni, e controllo dei lidi sul lungomare. Negli ultimi anni si era dedicato anche al business delle scommesse, e spesso e volentieri si recava all’estero proprio per questi affari illeciti. I “Teganini” così come vengono chiamati i figli del boss, venivano considerati fin troppo esuberanti dalle altre cosche mafiose, soprattutto dopo il pestaggio a danno di due poliziotti che erano intervenuti per sedare una rissa: per queste ragioni si erano create violenti frizioni all’interno della stessa ‘ndrangheta. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

IL PENTITO MARIOLINO GENNARO

Le mafie controllavano le scommesse online con giri di denaro dal valore di miliardi di euro. Dopo una lunga ed articolata indagine le forze dell’ordine sono riuscite a porre fine ad un sistema irregolare di scommesse, comandato da mafia, ndrangheta e diversi clan pugliesi. In manette 68 persone, confiscati beni superiori al miliardo di euro, e sono in corso numerose perquisizioni in tutta Italia. Il regista dell’operazione era Mariolino Gennaro, originario della periferia di Reggio Calabria, che ha subito compreso il business del poker, trasferendosi a Malta, dove ha sede la Betuniq, leader delle piattaforme di gioco online. La finanza è riuscita però ad acciuffarlo, e Mariolino ha così deciso di collaborare con i magistrati, portando alla luce un sistema internazionale che movimentava miliardi di euro con le scommesse. Affari gestiti in maniera congiunta dalle principali cosche malavitose d’Italia, e che fanno comprendere come la mafia si sia ulteriormente evoluta negli ultimi anni, creando un unico grande gruppo, al fine unico di incamerare soldi con traffici illeciti. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

MAFIE SU SCOMMESSE ONLINE: MILIARDI DI EURO DI GUADAGNI ILLECITI

Le mani delle mafie sulle scommesse online con un business da miliardi di euro. La ndrangheta reggina, la mafia catanese, e le famiglie pugliesi, come scrive Repubblica, si sono nascoste dietro le piattaforme di gioco, riuscendo a gestire in maniera diretta o indiretta giocate per ben 4.5 miliardi di euro. Le forze dell’ordine hanno fortunatamente posto fine al controllo delle mafie sulle scommesse online, arrestando 68 persone fra cui elementi di spicco dei clan calabresi, catanesi e pugliesi, con l’aggiunta di imprenditori e prestanome, tutti accusati a vario titolo di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e autoriciclaggio, illecita raccolta di scommesse online e connessa fraudolenta sottrazione ai prelievi fiscali dei relativi guadagni. Inoltre, le forze dell’ordine hanno messo sotto sequestro beni mobili e immobili superiori al miliardo di euro. Le indagini sono state condotte dalla guardia di finanza, dalla polizia, dai carabinieri e dalla Dia, coordinati dalla Direzione nazionale Antimafia e Antiterrorismo, che nel contempo ha messo insieme tutte le indagini delle procure di Bari, Reggio Calabria e Catania.

MAFIE SU SCOMMESSE ONLINE

Coinvolta nella lotta al controllo delle mafie sulle scommesse online, anche Eurojust, l’insieme di tutte le polizie degli stati membri, ed in particolare le autorità giudiziarie di Austria, Svizzera, Regno Unito, Isola di Man, Paesi Bassi, Curacao, Serbia, Albania, Spagna e Malta, per portare alla luce anche gli affari internazionali che le famiglie mafiose italiane hanno sviluppato grazie appunto ai ricavi illeciti derivanti dalle scommesse. Preoccupanti le parole di Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia, che ammette: «Ormai non esiste più una ‘ndrangheta, una mafia siciliana o pugliese, sono organizzazioni fluide che in accordo fra loro gestiscono affari diversi. Di questi rapporti abbiamo una fotografia sempre più chiara, vediamo anche da indagini ancora in corso come le mafie tutte lavorino insieme in diversi settori. Resta da capire se esista una cabina di regia stabile o se gli accordi maturino di volta in volta sui territori interessati, ma anche su questo stiamo lavorando».